Chi ha paura di LA SCUOLA CATTOLICA?

Lo dico nella prima riga: lunedì 4 ottobre 2021 ero presente, nella mia qualità di membro della III Commissione di Revisione, alla sessione di appello in cui, congiuntamente alla Commissione II, è stato confermato al film LA SCUOLA CATTOLICA il divieto ai minori di 18 anni.

Ci siete ancora? Allora preciso subito un’altra cosa importante: che io ho votato per la derubrica del divieto da VM18 a VM14. Che ho discusso molto vivacemente per sostenere la mia posizione. Solo che quando, alla fine della sessione, siamo andati ai voti, noi che volevamo derubricare siamo finiti in minoranza. Outvoted, si dice in inglese. E quindi LA SCUOLA CATTOLICA è rimasto vietato ai minori di 18 anni e con questo divieto al collo affronta, da oggi, il suo battesimo in sala.

LA SCUOLA CATTOLICA - posterIo, il film, l’avevo visto alla Mostra di Venezia. Avevo pure intervistato il regista, Stefano Mordini, e l’attrice Jasmine Trinca (l’intervista integrale la trovate qui). Personalmente non mi aveva entusiasmato – forse a causa dell’inevitabile paragone con l’oceanico romanzo di Edoardo Albinati, premio Strega 2016, che invece mi era piaciuto moltissimo – ma fra i suoi meriti mi è parso di individuare una grande attenzione nel rimettere in scena un fatto di cronaca orrendo come il massacro del Circeo evitando di farne spettacolo. Raccontando il sequestro, lo stupro reiterato, la brutalizzazione, l’assassinio (e il tentato assassinio) di due ragazze colpevoli di nulla se non di essersi fidate di coetanei che le invitavano in una villa al mare, Mordini e i suoi sceneggiatori sono stati attenti a evitare qualsiasi compiacimento. Anzi, ben sapendo che le immagini hanno una forza suggestiva che a volte va al di là delle intenzioni con cui sono state realizzate, lasciano che i dettagli più esecrabili restino fuori campo concentrandosi semmai sugli effetti.

Al di là del suo valore artistico, che qui non è in discussione, LA SCUOLA CATTOLICA non racconta un fatto del 1975 per il gusto di farlo: lo fa perché, nonostante l’eco allucinante del massacro del Circeo, l’Ordinamento ci mise altri sei anni ad abolire l’articolo del Codice Rocco che consentiva allo stupratore di sanare il suo crimine con un matrimonio riparatore (1981) – e si è dovuto aspettare il 1996 (21 anni dopo) per riconoscere la violenza carnale come reato contro la persona e non, come era classificato fino a quel momento, contro la morale.

LA SCUOLA CATTOLICA racconta quella storia di 45 anni fa perché ancora oggi c’è gente capace di commentare che indossare una minigonna possa significare essersela cercata. Ed è anche (e forse soprattutto) per questo che a mio parere la visione del film non sarebbe da sconsigliare a un pubblico di adolescenti. Come cautionary tale, se volete: per ricordarci che il male esiste e spesso è molto più vicino di quanto vogliamo credere. Per essere consapevoli che aver visto un paio di stagioni della serie BABY non significa avere un’idea di dove sia il pericolo. E il fatto che Donatella Colasanti sia interpretata da Benedetta Porcaroli, che di BABY è una delle protagoniste, sembra una scelta precisa per chiamare all’appello quella platea e, in qualche modo, proporle una sorta di antidoto. Scioccante ma in grado di lasciare un segno. Io figli non ne ho, ma avevo in programma di andare a rivedere il film con un paio di nipoti che stanno attraversando proprio quell’età critica, peraltro in un ambiente molto simile a quello del libro e del film.

Torniamo alla vicenda amministrativa del film? Venerdì della scorsa settimana, la Commissione di primo grado gli ha comminato un divieto ai minori di 18 anni. Un atto condivisibile o meno ma di per sé legittimo, accompagnato però da una motivazione alquanto indifendibile. Perché non si pronuncia, come sarebbe suo dovere, circa il rischio o meno che la visione di LA SCUOLA CATTOLICA possa avere effetti negativi sullo sviluppo psicologico ed emotivo degli spettatori sotto i 18 anni, ma dimostra di non aver capito granché del film:

(…) Il film presenta una narrazione filmica che ha come suo punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice. In particolare i protagonisti della vicenda pur partendo da situazioni sociali diverse, finiscono per apparire tutti incapaci di comprendere la situazione in cui si trovano coinvolti. Questa lettura che appare dalle immagini, assai violente negli ultimi venti minuti, viene preceduta nella prima parte del film, da una scena in cui un professore, soffermandosi su un dipinto in cui Cristo viene flagellato, fornisce assieme ai ragazzi, tra i quali gli omicidi del Circeo, un’interpretazione in cui gli stessi, Gesù Cristo e i flagellanti vengono sostanzialmente messi sullo stesso piano. (…)

Vedendo il film, è evidente quanto questa lettura sia sbagliata. La scena del professore che offre ai suoi studenti la provocazione intellettuale di chiedersi in che misura il bene e il male abbiano bisogno uno dell’altro per essere definiti serve a disegnare l’ambiente da cui nascevano i mostri del Circeo ma anche uno scrittore del livello di Edoardo Albinati. Non mira certo a proporre una sorta di folle relativismo morale ma, al contrario, ad affermare il diritto e il dovere di scegliere fra il bene e il male.

Ora: si potrebbe sostenere che se la maggioranza dei membri, adulti, della prima Commissione sono riusciti a fraintendere in modo così assoluto il senso del film, non è così illegittimo temere che nello stesso errore possano incorrere anche alcuni spettatori minorenni. Tuttavia personalmente a me sembra che, sopra i quattordici anni, una persona abbia già tutti gli strumenti per comprendere quello che vede. Quando, lunedì scorso, mi sono trovato davanti a dover votare a favore della derubrica non ho dovuto pensarci due volte.

LA SCUOLA CATTOLICA - copertinaDopo la visione del film e prima della discussione, come prevedono le regole, c’è stato il cosiddetto “ascolto”, vale a dire una sorta di arringa difensiva del film pronunciata, in quel caso, da gran parte degli autori in persona: il regista Stefano Mordini, il produttore Roberto Sessa, Valeria Golino e Valentina Cervi – due delle protagoniste del film – e persino, in apertura, Edoardo Albinati. Tutti hanno spiegato l’obiettivo di libro e film, la cautela adoperata nel toccare un tema così delicato, la centralità data alla possibilità e al dovere della scelta. In chiusura, ci hanno segnalato come il film fosse stato approvato, dopo sofferta visione, anche dai parenti delle due ragazze vittime del massacro. Dopo di che, usciti gli autori, è iniziata la discussione.

Non ero l’unico a favore dell’abbassamento del divieto, ma posso parlare solo per me stesso. Ho argomentato che la rappresentazione del male, quando è critica e non connivente come in questo caso, non va confusa col male stesso e non va per questo rifiutata, anzi può essere auspicabile. L’obiezione di chi la pensava diversamente è stata che a 14 anni non è detto che si disponga di tutti gli strumenti critici, culturali ed emotivi per decodificare correttamente certi temi.

La faccio breve: abbiamo discusso a lungo fino all’esaurimento degli argomenti da una parte e dall’altra, poi alla fine siamo andati ai voti. A maggioranza, ha prevalso l’idea di confermare il divieto ai 18. Non è la prima volta che la mia opinione non prevale nella discussione. Ma, per dire, quello stesso pomeriggio mi sono trovato invece in maggioranza nel deliberare la derubrica (da VM14 a “per tutti”) di un altro film sottoposto ad appello. Nell’un caso e nell’altro, la decisione resta collegiale ma, agli atti, si precisa che è stata presa a maggioranza, vale a dire con il voto contrario di uno o più membri.

La cronaca di quel lunedì pomeriggio finirebbe qui se non fosse che la motivazione di prima istanza era parsa indifendibile anche da chi concordava sulla decisione del VM18. E’ stata quindi scritta una nuova motivazione che, pur nel confermare il divieto, ne spiegasse il motivo in termini, se non condivisibili, quantomeno degni di rispetto. Dopo di che, come prescrive il regolamento, ciascuno dei presenti ha firmato il registro di presenza ed è tornato a casa, ognuno con in tasca le sue vittorie o sconfitte di quel giorno. Prima di andarmene ho detto ai colleghi commissari: “spero che siamo tutti consapevoli che con questa delibera finiamo sui giornali entro un paio di giorni”.

Ci è voluto molto meno: già il giorno dopo usciva sulla versione online di Ciak Magazine il primo articolo in proposito, seguito da un pezzo sul Corriere online e da numerosi post sui social più frequentati. Su Facebook, Michele Anselmi mi ha chiamato direttamente in causa con più o meno benevola insistenza e in breve tempo mi sono ritrovato impegnato in un curioso tiro incrociato, a dover precisare da un lato la mia posizione personale e dall’altra a difendere la legittimità se non il merito della decisione che avevo tentato di evitare e, addirittura, il senso stesso della mia partecipazione a una Commissione di revisione.

I social, però, non sono esattamente lo strumento migliore per un confronto pacato e costruttivo. Ed è solo questo il motivo di questa piccola memoria, che vorrei concludere con qualche puntino sulle proverbiali “i”.

  1. Sebbene da mesi sia stato annunciato il cambiamento delle norme che regolano la Revisione Cinematografica (la cosiddetta “censura”), questa decisione è stata presa ancora sulla base del vecchio sistema, perché in tutti questi anni ancora non è stato avviato quello nuovo. Come le altre Commissioni, anche quella di cui faccio parte io sarebbe dovuta scadere il 23 febbraio del 2018. Lo potete verificare anche subito visitando il sito del ministero a questo link. In tutto questo tempo ci è stato chiesto più volte di continuare il nostro servizio mentre si aspettava la definizione e l’investitura ufficiale dei nuovi incaricati. A cosa sia dovuto questo ritardo arrivato ormai a tre anni e mezzo io lo ignoro, ma è bene tenerlo presente.
  2. Nulla garantisce che sotto il “nuovo” sistema LA SCUOLA CATTOLICA avrebbe avuto miglior sorte. Laddove finora una Commissione comminava un divieto suscettibile poi di appello (ed eventualmente di ricorso al TAR), secondo il nuovo ordinamento il distributore dovrà proporre lui un eventuale divieto – ma poi ci sarà una Commissione che dovrà decidere se avallarlo oppure renderlo più stringente. L’altra novità di un qualche rilievo è che le nuove Commissioni, a differenza delle attuali, non avranno il potere di concedere o meno il nullaosta alla proiezione di un film – ma va detto che l’ultimo diniego di nullaosta risale a dieci anni fa e che credo nessuno si sia sognato di esercitare questo potere nei confronti del film di Mordini.
  3. Parlare di “censura” per un divieto ai minori di anni 18 sembra per molti implicare che non si debba più parlare di “censura” se il divieto è ai minori di anni 14. E perché mai? Il film resta quello che è e gli spettatori che secondo la legge hanno la maturità per comprenderlo senza subirne danni possono fruirne liberamente in sala, così come potranno fruirne liberamente acquistandone il DVD o visionandolo su una piattaforma di streaming. In TV no, almeno finché resterà in vigore la legge che vieta la trasmissione televisiva di film vietati ai minori di anni 18. Ma le leggi cambiano col tempo e, aggiungerei, sarebbe ora di rimettere mano anche a quella.

 

Franco Zeffirelli e il suo cinema popolare

Verso la fine del 2000, per un’altra edizione ad Assisi del suo Primo piano sull’autore, Franco Mariotti chiese anche a me qualche paginetta sul regista scelto per l’omaggio di quell’anno. Mi parve una buona occasione per fare i conti con i pregiudizi che a lungo avevo nutrito nei suoi confronti e che non erano affatto stati dissipati quando lo avevo intervistato sul set romano di Otello. Cercai di essere sincero fino in fondo, pur temendo un poco la reazione del regista, che sapevo fumantino al punto da non aver lesinato in passato querele a critici che avevano osato esprimere posizioni a lui non gradite. Mi andò bene: qualche mese dopo mi arrivò a casa un cartoncino di auguri con la foto di un’effigie in ceramica di Giuseppe Verdi e due righe autografe che cito a memoria: “Caro Farina, troppo buono. Grazie, Franco Zeffirelli”. Ne vado ancora orgoglioso ed è anche per questo che, all’indomani della scomparsa del regista, ripubblico queste righe a mo’ di coccodrillo scritto in tempi non sospetti e, in qualche modo, approvato dal bersaglio.

Per molti di quelli della mia generazione, il primo incontro con Franco Zeffirelli è stato a scuola, con la proiezione in classe di Fratello Sole, Sorella Luna organizzata dal Don Gino di turno: un’occasione d’oro per passare due ore e un quarto vedendo un film invece che facendo lezione, e a quell’età scusate se è poco. La proiezione si teneva in una classe opportunamente sparecchiata, utilizzando un vecchio proiettore in cui scorreva quasi sicuramente una delle pellicole a sedici millimetri distribuite a prezzi più che abbordabili dalla San Paolo: e ricordo che il film, al di là dell’eccitazione di tutti per l’insperata fuga dalla routine scolastica – per giunta con la benedizione degli altri insegnanti – veniva seguito con particolare rispetto, senza le battutacce e le risate che avrebbero accompagnato in un’occasione analoga un film come Il gattopardo.

Nel 1977, i coetanei che non avevano insegnanti di religione cosi pieni di iniziativa non sarebbero sfuggiti comunque al primo passaggio di Gesù, colosso televisivo in quattro puntate strategicamente programmato in modo da culminare proprio nella domenica di Pasqua: un fenomeno mediatico favorito dagli ultimi anni di monopolio RAI sullo spettacolo televisivo ma che si dimostrava in grado di eclissare i fasti ancora recenti di Sandokan. È vero che il duello fra Kabir Bedi e la tigre restava un caposaldo nei giochi con gli altri bambini, e che eravamo stati molti di più a completare l’album Panini dello sceneggiato salgariano che di quello biblico. Ma Robert Powell divenne per tutta quella generazione il volto ufficiale di Gesù Cristo e Franco Zeffirelli era l’Evangelista cinematografico per eccellenza. Una volta scoperto che i suoi film precedenti erano due acclamate riduzioni da Shakespeare (di Camping si sentiva parlare poco) non ci voleva altro per associare Zeffirelli alla figura di un dispensatore ufficiale di cultura classica: una cultura peraltro niente affatto pesante, perché i film si facevano seguire con passione e perfino con un certo divertimento.

Questo modello entrò in crisi a cavallo fra quel decennio e il successivo. Nel 1979 e nel 1981 Zeffirelli realizzava – caso più unico che raro fra i registi italiani – due fortunatissimi film commerciali completamente americani non solo dal punto di vista produttivo ma anche dell’ambientazione. I giornali ne parlarono parecchio, ma si trattava di drammoni strappalacrime, di quelli che piacciono alle mamme ma da cui noi ragazzini ci si teneva alla larga: The Champ – Il campione, remake del classico di King Vidor, aveva in inglese perfino il titolo e lanciava l’effimera carriera del piagnucoloso Ricky Schroeder. Amore senza fine era l’adattamento di un romanzo di passioni adolescenziali e anche se la presenza di Brooke Shields cominciava a stuzzicare l’appetito di uno spettatore quindicenne ci voleva altro per convincerlo ad entrare al cinema.

A causa di questo cambio di marcia, unito forse a una reazione naturale contro un autore conosciuto fra i banchi, cominciammo a sviluppare per Zeffirelli una certa incuriosita diffidenza. Si cominciavano a leggere le recensioni sui giornali, alla ricerca di altre campane non necessariamente allineate con quelle degli insegnanti: se Il campione era stato apprezzato con qualche riserva, di Amore senza fine tutti i critici d’oltreoceano avevano detto peste e corna scatenando da parte del regista reazioni vivacissime golosamente riportate dalla stampa. L’accusa per l’America era di voler rifiutare la critica feroce sferratale da un regista non americano: solo che anche in Italia il giudizio d’appello sarebbe stato tutt’altro che tenero. E questo regista italiano di film che trionfavano ai botteghini americani prima di rimbalzare in Italia, che cosa era? Un Maestro, come lo chiamavano gli intervistatori alla televisione, o un cinico mercante di emozioni da fotoromanzo, come dicevano i critici sui giornali? Il fatto che potesse lavorare con successo con gli americani rivelava il suo spessore spettacolare oppure il suo essere limitato a un cinema che ci stavano insegnando a disprezzare come popolare?

Due anni dopo, La Traviata avrebbe ulteriormente intorbidato le acque. Messa fra parentesi l’America, il regista tornava ad ispirarsi a fonti classiche e universalmente riconosciute e dopo due Shakespeare, una vita di San Francesco e il Nuovo Testamento, affrontava l’Opera con la prima parte di un dittico verdiano che sarebbe stato completato dall’Otello (allo stesso tempo il terzo ma non ultimo Shakespeare nella filmografia zeffirelliana). Però tanta critica continuava a storcere il naso: gli esperti melomani lamentavano tagli ed arbitri narrativi, altri accusavano il film di essere troppo curato dal punto di vista formale a scapito della vera emozione. E ormai ci sembrava chiaro: Zeffirelli era una via di mezzo fra un calligrafo e un arredatore senza alcun senso della misura, più preoccupato dello sfarzo della messa in scena che di valorizzare il testo rappresentato oppure la musica.

Con queste idee in testa mi presentai nel 1986 a Cinecittà per un’intervista al regista impegnato sul set abbagliante del suo Otello. Avevo cominciato a pubblicare articolini e intervistine sul mensile “Primavisione”. La Traviata non l’avevo vista ma sapevo in che termini se ne era parlato ed ero curioso di sentire finalmente il diretto interessato. Che, dal vivo, confermò la sua vis polemica: dopo una serie di domande tecniche sulle esigenze dell’adattamento e sul rapporto coi produttori (la discussa coppia di cugini israeliani Menahem Golan e Yoram Globus, che sembravano accingersi a conquistare il mondo con la loro avventurosa Cannon) gli chiesi di rispondere ai critici che lo accusavano di soffocare personaggi e vicende col manierismo di scenografia, costumi e fotografia. E la risposta fu immediata e senza mezzi termini:«Sono una massa di cretini in malafede, venduti alla corruttela e al clientelismo».

Ricordo di aver trascritto e pubblicato il resto della risposta parola per parola, senza tagli o addolcimenti, affascinato dalla veemenza delle parole di Zeffirelli. Che sosteneva di essere disprezzato dai critici solo per motivi di fede politica, attaccava a spada tratta il Pasolini regista (riconoscendone tuttavia la grandezza come poeta) e si dichiarava vendicato dal pubblico: «Questi imbecilli negano la violenza del mio successo (…) la gente ha pianto vedendo Traviata ed è assurdo accusare il film di essere un esercizio di arredamento».

Quell’incontro sarebbe rimasto associato nella mia memoria con impressioni contrastanti. La foga di Zeffirelli nel rispondere (e quel po’ di preconcetti che avevo assorbito da recensioni di film che non avevo visto) mi facevano sospettare che ci fosse in quelle parole un bel po’ di mania di persecuzione. Però era vero che leggendo molti di quegli articoli che il regista accusava di pregiudizio, si trovavano espressioni come«la fotografia troppo bella di Ennio Guarnieri» e frasi che spesso trasformavano acrobaticamente in accusa ciò che nella sostanza era una lode all’opulenza visiva dei film di cui si parlava. Due anni dopo, alla proiezione veneziana di Il giovane Toscanini, molti dei critici presenti in sala avevano fischiato il film senza ritegno fin dal momento in cui le luci in sala si erano spente e sullo schermo avevano cominciato a scorrere i titoli di testa. Ma anche se alla fine della proiezione condividevo l’idea che si trattasse di un film niente affatto riuscito, il fatto che il verdetto fosse stato dato per scontato a priori mi sembrava piuttosto disonesto. D’accordo che il gioco al massacro era stato scatenato dalla polemica su L’ultima tentazione di Cristo: proiettato proprio in quei giorni alla Mostra, il film di Martin Scorsese aveva scatenato proteste e tentativi di picchettaggio e lo stesso Zeffirelli si era parecchio sbilanciato in un attacco che prescindeva anch’esso dalla visione dell’oggetto del contendere. Però un film bisognerebbe riuscire a vederlo per quello che è, possibilmente scindendolo dal modo in cui la personalità dell’autore si estrinseca in campi esterni a quello del cinema.

Da allora sono passati più di dieci anni, le polemiche sono rimaste a impolverarsi sugli articoli di colore dei quotidiani e l’inimicizia con la critica sembra – se non spenta – sopita come un vulcano dopo l’eruzione. In tutto questo tempo i giornali si sono occupati più dello Zeffirelli politico e del tifoso, mentre il regista continuava senza sosta ad attingere al repertorio classico -passando dallo Shakespeare di un Amleto, meno letterale e più interessante della successiva versione di Branagh, al Verga di Storia di una capinera e alla Charlotte Bronte di Jane Eyre. Fino al nuovo trionfo internazionale di Un tè con Mussolini, basato su un’autobiografia significativamente inedita nel nostro paese e particolarmente fortunato negli Stati Uniti dove registra il record degli incassi per singola sala.

Oggi di Zeffirelli nessuno sembra aver più paura di dire bene. Forse, col tempo, si è riusciti a perdonargli di non essere Luchino Visconti pur avendone ereditato il gusto per la ricostruzione storica, e non se ne parla più come di una figura da liquidare ideologicamente per il suo rifiuto di far sua una visione problematica e magari politicizzata del materiale scelto come fonte di ispirazione… insomma, come un Autore da non prendere sul serio. Non più, forse anche perché ormai si comincia a capire anche dai critici più severi che il cinema va fatto pensando innanzitutto al pubblico; e che se è vero che è stata la televisione ad assassinare l’industria cinematografica italiana, la stima accordata a scatola chiusa a film troppo sobri, troppo minimalisti, troppo di sottrazione è stata un suo inestimabile alleato nel disaffezionare il pubblico dal prodotto nazionale spingendolo sempre più fra le braccia degli americani. Di questi peccati d’orgoglio, sicuramente, Zeffirelli non si è mai macchiato: risolutamente e orgogliosamente popolare, il suo è sempre stato un cinema destinato non alle antiche élite intellettuali, ma alle nuove moltitudini acculturate emerse nel secolo della cultura di massa. Un cinema colto ma attento allo spettacolo, che divulga senza volgarizzare e non dimentica una lezione che gli americani impartiscono da sempre e che da noi, con l’eccezione di autori come Tornatore o Bertolucci, è regolarmente inascoltata: il grande cinema popolare deve avere il fegato di essere, come dicono di là dell’oceano, larger than life.

Carlo ed Enrico Vanzina e il loro cinema High Concept

Foto 17-07-18, 14 34 16Quindici anni fa, l’amico Francotti mi chiese di contribuire con un paio di paginette alla pubblicazione dedicata a Stefano, Carlo ed Enrico Vanzina dall’edizione 2003 di “Primo piano sull’autore”, l’annuale rassegna/retrospettiva che organizzava ad Assisi. L’ho ritirata fuori su Facebook dopo la scomparsa prematura di Carlo e un amico mi ha detto che sarebbe stato il caso di renderla accessibile anche a chi non è fra i miei contatti. Provvedo. Il titolo con cui il pezzo è stato pubblicato non è mio, eh.

Esiste una razza di spettatore talmente pericolosa che persino Stanley Kubrick, in un’intervista, metteva in guardia da esso. Si tratta dello spettatore mediamente acculturato, quello a cui gli amici si rivolgono per sapere cosa andare a vedere perché, bene o male, sa citare sempre uno o due altri film precedenti realizzati dal regista. È uno spettatore che ha visto qualche film in più della media dei suoi conoscenti, e questo gli pare sufficiente a ignorare senza problemi intere cinematografie, e qualche volta anche tutto il cinema ancora in bianco e nero. Spesso finisce per ragionare di etichette e di pregiudizi e il più delle volte adotta I’atteggiamento lamentoso del cattivo critico – quello che, secondo una famosa definizione di Ambrose Bierce (qui tradotta da Daniela Fink), «si vanta di essere incontentabile perché nessuno si sforza di compiacerlo». Infine, ha imparato di dover scegliere un film sulla base del nome del regista e non su quello degli attori, però l’ha imparato così bene da dimenticare completamente la natura collettiva – e, soprattutto, fondamentalmente industriale – dell’opera cinematografica.

Foto 17-07-18, 14 35 11Seguendo l’esempio di cattivi maestri di cui spesso non sa cogliere appieno l’insegnamento, lo spettatore di cui sopra è il vero campione del più superficiale qualunquismo cinematografico: non giudica sul serio, ma si limita ad attaccare sui film etichette che ha trovato già fustellate e pronte per l’uso, sguazzando in una mediocrità di analisi che è direttamente proporzionale al proprio snobismo. Per lui non esistono vie di mezzo fra il cinema d’autore e la schifezza commerciale, e l’eventuale apprezzamento per la seconda passa necessariamente attraverso il suo sdoganamento in chiave di cult, di pop-art, di poetica d’autore attraverso una spesso ipotetica riflessione sui generi. E invece, perbacco, il cinema è da sempre bello perché vario: perché a volte sorprende il pubblico e lo scuote, e a volte lo culla invece nei suoi vizi e nelle sue pigrizie, in una doccia scozzese che rende l’esperienza della visione sempre nuova per lo spettatore cinematografico davvero onnivoro. Quello cioè a cui piace andare al cinema, e non solo vedere questo o quel film particolare.

VacanzeIl cinema di Carlo ed Enrico Vanzina, per esempio, è divenuto per troppi l’esempio proverbiale del degrado commerciale della grande tradizione cinematografica italiana. C’è stato anche chi ha preso in giro la prolificità produttiva del duo, responsabile nei periodi migliori di due, tre e anche quattro titoli all’anno. Senonché ritmi di questo genere non sono affatto una novità: se si andasse ogni tanto a scorrere le filmografie dei registi attivi negli anni ’50 e ’60 si scoprirebbe che, almeno nel cinema commerciale, due o tre titoli l’anno costituivano un flusso produttivo assolutamente nella norma.

mystereNel bene e nel male, è a Carlo ed Enrico Vanzina che si devono direttamente tutti i filoni di successo commerciale degli ultimi vent’anni di commedia italiana. Se si eccettuano gli attori che dirigono se stessi (da Benigni e Troisi a Verdone, Nuti e Benvenuti, fino ai piu recenti Pieraccioni, Ceccherini e Salemme) e il fenomeno Fantozzi (legato comunque a Villaggio, un protagonista-autore che, pur astenendosi di norma dalla regia, va a tutti gli effetti assimilato ai nomi di cui sopra), portano il marchio Vanzina praticamente tutti i film italiani che abbiano beneficiato di una successiva serializzazione, dando vita a sequel ufficiali o anche a imitazioni apocrife, e contribuendo comunque in modo sostanziale a tenere in moto la macchina produttiva. In una cinematografia economicamente fragile come la nostra, la capacità di individuare e sfruttare un’idea commerciale, e di confezionare personaggi che il pubblico insiste a premiare, e una dote con cui non è possibile non fare i conti. Soprattutto quando poi si guarda con invidia al modello statunitense, quello di un’industria trionfante nell’applicare formule che consentono di intercettare con impeccabile regolarità i gusti delle platee planetarie.

sotto il vestito spagnaNon è un’esagerazione dire che i Vanzina sono forse gli unici nel nostro paese ad aver recepito e applicato proprio I’insegnamento commerciale del cinema americano degli anni Ottanta: realizzando film ispirati al cosiddetto “High Concept” e sperimentando per primi la via della commercializzazione a tutto campo, dalle colonne sonore a un accurato product placement. E tutto questo senza limitarsi alla commedia (peraltro coerentemente declinata in più varianti, dal veicolo per i divi comici del momento alla commedia sentimentale fino alle farse storico-fantastiche in costume) ma frequentando i generi più diversi della tradizione italiana. Basta pensare a thriller come “Sotto il vestito niente” e “Mystere”, a un rispettabilissimo giallo giornalistico come “Tre colonne in cronaca” e al tentativo avventuroso di “La partita” per rendersi conto di come la genuina cinefilia dei fratelli sia sempre pronta ad alternare progetti relativamente sicuri con tentativi di esplorare strade diverse – una tendenza confermata anche del recentissimo “Il pranzo della domenica”.

tre_colonne_in_cronaca_locandina_754faII fatto che la produzione di Carlo ed Enrico Vanzina abbia attraversato (quasi) indenne la dissoluzione della nostra industria cinematografica negli anni Ottanta e Novanta va visto quindi, già di per sè, come un fenomeno straordinario: il risultato di una professionalità solida e fondata su una conoscenza del cinema niente affatto libresca ma maturata sul campo. Facendo, non dissezionando a tavolino. E soprattutto evitando cautamente la trappola di quell’autorialismo ad oltranza che ha fatto da noi forse più danni della cattiva televisione. Perché se pure il cinema vola con i poeti, è grazie a gente come i Vanzina che respira.

(Originariamente pubblicato in “Steno e i Vanzina – L’infinita commedia”, ANCCI, 2003)

Foto 17-07-18, 14 43 52Contenuti extra:

Il mio primo post significativo a difesa del cinema dei fratelli Vanzina, sul newsgroup it.arti.cinema, nel 1999

 

Tutti i film di Marotta Ciak – indice analitico

Marotta Ciak - le copertine

Era tanto che volevo farlo, e alla fine l’ho fatto. Ho indicizzato tutti i film di cui Giuseppe Marotta si occupa in “Questo buffo cinema”, “Marotta Ciak”, “Visti e perduti”, “Facce dispari” e “Di riffe o di raffe” – le cinque raccolte delle bellissime recensioni che negli anni Cinquanta pubblicava su “l’Europeo”.

Questo buffo cinema - frontespizioAd amare il Marotta critico mi ha insegnato mio padre Corrado Farina, che aveva solo i primi due volumi esistenti ma che, negli ultimi anni, era riuscito a rimediare gli altri bazzicando per librerie antiquarie. Da quando Papà non c’è più, quasi ogni volta che passo da casa sua mi porto via qualcuno dei suoi libri di cinema che penso di riuscire ad assorbire nei miei scaffali… ma i cinque volumi di Marotta sono stati fra i primi su cui ho messo le mani.


Questo buffo cinema
Sono recensioni molto sui generis. Marotta era prima di tutto uno scrittore e aveva una tendenza alla divagazione che spesso relegava il film di cui parlava a meno della metà del pezzo complessivo (Pasolini, che lo detestava, lo aveva definito sprezzantemente critico parolibero – un’etichetta che Marotta aveva indossato come una medaglia) ma aveva un punto di vista critico sempre originale e, anche quando non condivisibile, espresso con un linguaggio ricchissimo e uno straordinario senso dell’umorismo. Papà lo amava molto come amava i romanzi di Wodehouse. E a rileggere certe recensioni mi rendo conto come per certi versi il frivolo romanziere britannico e il brillante napoletano avessero più di un punto in comune.
Il problema dei libri di recensioni di Marotta è che (con la sola eccezione di “Di riffe o di raffe”, uscito postumo) non hanno un indice analitico ma solo quello con i titoli dei pezzi, nei quali spesso e volentieri non compare il titolo del film (o dei film, plurale) di cui si parla. Sono quindi una piacevolissima lettura, ma non sono pratici da consultare. E sebbene Marotta parta così spesso per la tangente che non avrebbe senso usarlo come un dizionario dei film alla Morandini (o anche alla Kezich, e penso ai suoi preziosi “Millefilm”) ho sempre sentito il bisogno di un modo per sapere rapidamente in quale volume e a quale pagina si parla di quale film.

Copertina di "Di riffe o di raffe" (illustrazione di Riccardo Manzi)Una sera di aprile 2017 mi sono messo lì è ho fatto il lavoro sul primo volume, “Questo buffo cinema”, appunto. L’ho fatto per me ma anche per Papà, col quale in passato ho condiviso molte ore piacevoli a compilare e verificare una cronologia italiana di Dick Tracy, una bibliografia completa di Wodehouse e la paperografia di Carl Barks. Poi ho pensato che se questo lavoro lo avessi trovato online mi sarei risparmiato un lavoro di due o tre ore e ho deciso di condividerlo, prima di tutto, su it.arti.cinema, il newsgroup a cui ho dedicato dieci degli anni più belli fra quelli che ho passato a occuparmi di cinema (e di cui anche Papà, su mio insistente invito, era diventato assiduo bazzicatore). Un anno e mezzo dopo, nel secondo anniversario della scomparsa di Papà, ho completato il lavoro e lo posto qui tutto insieme. Non interesserà a molti, ma da qualche parte ci sarà pure qualcuno a cui questo lavoro potrà tornare utile. A quel qualcuno – e a chiunque altro fosse invogliato a riscoprire i libri di Marotta – dedico questo post.

Qui di seguito, in ordine alfabetico, trovate tutti i film cui Marotta abbia dedicato più di una citazione en passant. Accanto, il titolo dell’articolo che contiene la recensione con il numero della pagina. Ancora accanto, una sigla per individuare in quale volume l’articolo sia contenuto.

8 e 1/2 “Fellini otto e mezzo” è uno struggente viaggio nell’uomo (269) DRODR
A un passo dalla morte È brutto incontrare un cultore di jus primae noctis (62) FD
Accattone I diabolici travestimenti dell’angelico Pasolini (366) FD
Ada Dallas Il dito di Hollywood sulle piaghe d’America (361) FD
Adamo ed Eva Nata Eva, cominciarono i guai del condominio (218) FD
Addio alle armi Si crivellavano di baci le infermiere e i tenenti dell’altra guerra (26) VEP
Affare di una notte, L’ Nocive conseguenze dell’albergofobia di Cristina (233) FD
Africa Sexy Il cinema affoga in un erotismo allucinato e sterile (420) DRODR
Agguato sul mare Il no della giuria di Venezia: tanta salute per Cannes (53) MC
Al centro dell’uragano Libertà, incubi e incendi in una piccola città americana (107) MC
Albero della vita, L’ Dall’albero della vita, in un bel cappio, dondola Dmytryk (138) VEP
Alessandro il Grande I pianti di Lilian e la piccola grandezza di Alessandro (64) MC
All’ovest niente di nuovo Ricorrente fortuna e sfortuna della parola guerra (324) QBC
Alt alla delinquenza I soliti confetti per madama, che ci darà il visto (58) FD
Amanti del chiaro di luna, Gli Vellose scemenze nel paesaggio graffiato dai mulini a vento di Cervantes (160) VEP
Amanti di Monsieur Ripois, Le I leoni del Quadraro mangiano fieno (76) QBC
Amanti perduti Questa è una settimana cinematografica (320) QBC
Amanti, Gli Il sole indica agli amanti le ossa bianche e terribili di ogni cosa (250) VEP
Amiche, Le Le belle di Torino e il parroco londinese (262) QBC
Ammutinamento del Caine, L’ Matti a bordo, guerra, tifoni e corti marziali (72) QBC
Amore e chiacchiere Voleva essere il mondo 1958 la simbolica Matorno di Blasetti (320) MC
Anatomia di un omicidio Le ardue leggi non sono che la tecnica di un lavoro fantastico (322) VEP
Anche gli eroi piangono Orgoglio di vedova batte cinismo di colonnello (68) MC
Andrea Chénier Il no della giuria di Venezia: tanta salute per Cannes (53) MC
Angela La quasi Lollobrigida Mara Lane (90) QBC
Angeli con la pistola Un sindaco e un governatore bidonisti a New York (424) FD
Angelo bianco, L’ “L’Angelo bianco” è l’anagrafe dei guai (159) QBC
Anima nera Inopinati film estivi al confessionale dell’arte DRODR
Anime sporche L’ibrido letto della infelice ragazza di New Orleans (26) DRODR
Anni che non ritornano, Gli Una grande Magnani e uno spaesato Gérard Philipe (336) QBC
Anni ruggenti Incoerenze di maggio, lenite da un film divertente (62) DRODR
Annibale e la vestale Annibale, perché non siedi anche tu? (256) QBC
Anno scorso a Marienbad, L’ Un Vittoriale di raffinatezze visive (356) FD
Antinea Piccolo dizionario dei film della settimana (256) FD
Ape regina, L’ La specie ha nella femmina le tavole della sua legge DRODR
Appartamento, L’ In un piedatterra la carriera di Cicci-bello (107) FD
Arriva John Doe Ultimo, accorato dialogo con Gary Cooper (251) FD
Assassinio premeditato Avventure e crimini di terra e di mare (22) QBC
Assassino si chiama Pompeo, L’ Discorsi marini sui film estivi da un giorno l’uno (133) DRODR
Assedio di fuoco, L’ I disperati di Villa Borghese parlarono cosi (208) QBC
Assedio di Siracusa, L’ I sussulti agonici della storia nei film di Francisci (471) VEP
Atlantide, continente perduto Non c’era l’idraulico e l’Atlantide fu sommersa (195) FD
Attenti alle vedove Una vedovella batte legalmente lo scià delle ferrovie d’America (318) VEP
Atto d’amore Trasferita a Parigi la ragazza della via Flaminia (54) QBC
Autostop Inauguriamo i veleni di maggio con un remoto e nuovissimo film (176) MC
Avventura, L’ Caduto nella pania di Michelangelo Antonioni (121) FD
Avventure d’amore e di guerra Si valutano lacrime e sospiri le buone lauree cinematografiche (114) DRODR
Avventure di Casanova, Le Il cavaliere di Seingalt battuto da Steno (121) QBC
Avventure di Davy Crockett, Le Tutti bambini con il re delle frontiere selvagge (355) QBC
Avvocati criminali Pericolose e buffe domande agli esami di giugno (70) VEP
Avvocato di me stesso “Avvocato di me stesso” (177) QBC
Babette va alla guerra Una B.B. che sembra il malinconico risultato di un’amputazione (363) VEP
Bacio di Giuda, Il I suggestivi richiami di un luogo che forse non è un luogo ma un’età (164) MC
Bacio e una pistola, Un Mike Hammer salva l’America (220) QBC
Baia di Napoli, La La “Terza Napoli” dell’americano Shavelson (185) FD
Ballata di un soldato Lamento per un amico e applausi a un film (30) FD
Banda Casaroli, La Il cinema, non avendo pane mangia tartufi (173) DRODR
Banda degli onesti, La Totò portinaio, Totò falsario, Totò tutto (328) QBC
Banditi a Orgosolo Arriva scalza la fatalità sui pastori di Orgosolo (351) FD
Barabba La drammatica nascita di una coscienza e di una fede (391) FD
Beau Serge, Le Il trucco dei quintali di genio da distribuire in beneficenza (83) DRODR
Bella di Roma, La Fellini non conosce i “bidonisti” (241) QBC
Bella mugnaia, La Tra Sofia e Gina il pomo alla meno bella (253) QBC
Bellezze sulla spiaggia Stanco arrivederci alla prossima annata cinematografica (308) FD
Bidone, Il Fellini non conosce i “bidonisti” (241) QBC
Bigamo, Il Discorsetto sul “Bigamo” e su varie questioni (308) QBC
Boccaccio ’70 Quattro superbi galli in un pollaio (429) FD
Boom, Il Il boom strazia i romani e Satana i lucani DRODR
Brigante, Il Un fuorilegge allevato a biscottini dalla morte (317) FD
Bucanieri, I Lasciamo che I bucanieri ci restituiscano il piacere dell’innocenza (388) VEP
Buio oltre la siepe, Il Uno scartiloffio sentimentale di Gregory Peck vedovo e padre (436) DRODR
Bulli e pupe Seicentocinquanta milioni per un soggetto cinematografico (92) MC
Buongiorno Miss Dove Questa è una settimana cinematografica (320) QBC
Cacciatori eschimesi Avventure e crimini di terra e di mare (22) QBC
Cadillac tutta d’oro, Una Una ragazza sgomina i lupi di Wall Street (49) MC
Cafè chantant Addio a Fred Astaire (19) QBC
Café Europa Piccolo dizionario dei film della settimana (256) FD
Calle Mayor No a Juan Antonio Bardem e ben tornato a Jules Dassin (184) MC
Cameriere, Le Belle ragazze frugano Roma cercando un paio di baffi e una canzone (309) VEP
Camilla Il tiranno di Grimault, la serva di Emmer (106) QBC
Camping Per l’inferno dei peccatori cinematografici di giugno, da questa parte (62) VEP
Can can L’intollerabile oscenità dell’idiozia (150) FD
Canaris La guerra delle facce false (226) QBC
Cangaceiro, O I fantocci di Matarazzo e gli uomini di Barreto (12) QBC
Cannoni di Navarone, I Avevano un patto col diavolo gli eroi di Navarone (332) FD
Canzoni di tutta Italia Questa è una settimana cinematografica (320) QBC
Capitano di ferro, Il Risolti dal pallottoliere del buon senso i problemi del cinema (242) DRODR
Cappello pieno di pioggia, Un Un cappello pieno di pioggia e un cappello pieno di sole (241) MC
Carica nella giungla Consoliamoci col vecchio Helzapoppin (196) QBC
Carosello matrimoniale Piccolo dizionario dei film della settimana (256) FD
Carosello napoletano Le concretezze di Zinnemann e i sogni di Giannini (61) QBC
Carousel Vacanze a Napoli e nell’aldilà di Molnar (45) MC
Cartagine in fiamme Ah, una pizza con alici da cuocere nelle fiamme di Cartagine! (421) VEP
Casco d’oro La Venere bionda e gli uomini di vita (265) QBC
Casta Diva Norma batte Lucia alla seconda ripresa (143) QBC
Cavalloni, I Gli schermi pulluleranno, fra poco, di Lolite rosse e di Lolite nere (398) VEP
Cella 2455, braccio della morte Tribolazioni e fortuna di Caryl Chessman (237) QBC
Cento ragazze e un marinaio Il cinema affoga in un erotismo allucinato e sterile (422) DRODR
Cervello che non voleva morire, Il Era un cenciaiuolo di membra il chirurgo innamorato (415) DRODR
Che fine ha fatto Baby Jane? Megere a Los Angeles, angeli nel Friuli (359) DRODR
Chéri-Bibi, il forzato della Guyana Catene, sbarre, blasoni e facce spietate (170) QBC
Chi era quella signora? Fuori dall’Eden, Adamo era atteso da una farsa crudele (456) VEP
Chiave, La La serratura della trasmissibile, ereditabile bella ragazza di Westport (111) VEP
Cinerama Il cinerama sarebbe servito a Chaplin? (186) QBC
Cinque ore in contanti La noia, regina dei libri e dei film (204) FD
Ciociara, La L’inevitabile sorte di ogni nudo elenco di guai (145) FD
Città che scotta, La I disperati di Villa Borghese parlarono cosi (208) QBC
Città del ricatto, La L’inventiva dei leoni cinematografici di agosto (81) FD
Città nuda, La No a Juan Antonio Bardem e ben tornato a Jules Dassin (184) MC
Cochecito, El Una vecchiaia sincera, nuda come una sposa (371) FD
Colosso di New York, Il Follie di luglio i cinematografiche narrate dalle singole vittime (299) VEP
Colpevoli, I Le rancide fiabe estive della nonna cinematografica (192) MC
Coltello sotto la gola, Il Spossato addio del cinema dei 34 gradi all’ombra (233) MC
Cominciò con un bacio Appendice alla Dolce Vita e un’orgia di usuali film (426) VEP
Compagne della notte, Le Infuriano le compagne della notte (16) QBC
Concilio Ecumenico Vaticano II Un indimenticabile film che durerà piu di noi (311) DRODR
Confessioni di un fumatore d’oppio, Le Stanche bracciate negli acquitrini del cinema estivo (403) DRODR
Congiura degli innocenti, La È vostra, signor capitano, questa salma? (351) QBC
Congiura dei dieci, La Chi molto inventa nulla inventa (396) DRODR
Congo vivo S’acciglia Bennati a Leopoldville, ride Wilder a Berlino (11) DRODR
Contessa scalza, La Gli eccessi dell’invenzione e gli eccessi della cronaca (133) QBC
Continente perduto Viaggiano e vedono anche per i sedentari (166) QBC
Coraggio, Il Romanzi e farse al di là degli schermi (288) QBC
Corazziere, Il Tristezze e piaceri di una giornata napoletana (276) FD
Corda tesa, La Immagini cretine della gelosia di un cretino (295) FD
Cordura Uscito in gran fretta dall’eroismo, l’uomo ricade nell’uomo (378) VEP
Criminale di turno  Le finestre raccontano storie (212) QBC
Cronaca familiare Sentimenti a Firenze, risentimenti a Washington (161) DRODR
Da qui all’eternità Le concretezze di Zinnemann e i sogni di Giannini (61) QBC
Dal sabato al lunedì Scrupoli di primavera e un grazioso film di Guerrasio (302) DRODR
David e Golia Una sporta di fotogrammi biblici sull’omero di un bifolco dell’arte (441) VEP
Delfino verde, Il Le insulsaggini di un film vecchio e le atrocità di un film nuovo (119) DRODR
Delinquente del rock and roll, Il Caro Elvis, ti ho visto alla T.V. e sei uno schianto (54) VEP
Delitto di Teresa Desqueyroux, Il Pinete, acquitrini e un’ardua bella signora (385) DRODR
Delitto perfetto, Il Ragazze e crimini del nostro bel secolo (87) QBC
Demonio, Il Il boom strazia i romani e Satana i lucani (445) DRODR
Deserto che vive, Il Natale nel deserto con Walt Disney (97) QBC
Désirér Napoleone Bonaparte visto da una signora (146) QBC
Destinazione Terra Il cielo può attendere di peggio dall’America (8) QBC
Diavolerie di Till, Le Ventaglietto delle buffe notizie del mondo e dei cubitali errori di Gerard Philipe (217) MC
Diavolo alle quattro, Il Il mondo sussulta, ma il cinema lo ignora (376) FD
Diavolo in calzoncini rosa, Il Una bionda Sofia per i butteri del Nebraska (313) FD
Diavolo, Il L’italiano e l’Italia in due graffianti e piacevoli film (329) DRODR
Dieci comandamenti, I Il cinema non pronunzi, con De Mille, il nome di Dio invano (263) MC
Dieci in amore Cosa? Perche? Dove? Quando? Chi? e il giornalista è fatto (133) VEP
Dieci secondi col diavolo Contati per dieci secondi da Lucifero gli sminatori di Aldrich (279) VEP
Dies Irae Il fuoco di un western allontana le belve dei cattivi pensieri (147) VEP
Diga sul Pacifico, La Principi e ballerine, dighe e tifoni lasciano il tempo che trovano (267) MC
Dimmi la verità E’ tempo di film come “Dimmi la verità”, questo? (401) FD
Disordine, Il L’autentico narratore apre gli usci nel momento giusto (18) DRODR
Dodici uomini da uccidere Arringa di un giovane bruciato verdissimo (20) FD
Dolce vita, La Un fraterno evviva all’amara via Veneto di Fellini (414) VEP
Dolce vita, La Appendice alla Dolce Vita e un’orgia di usuali film (426) VEP
Domanda di grazia Rullano i tamburi del circo per la Morgan e per Vallone (153) QBC
Domani splenderà il sole Vecchia Londra, con una portatrice di seno (21) MC
Dominatore di Chicago, Il Johnny usava il vetriolo come scolorina della bellezza (259) VEP
Don Camillo e l’onorevole Peppone Umiltà di Brescello e superbia di West-Point (245) QBC
Donna del fiume, La La ragazza di Little Italy e quella di Comacchio (234) QBC
Donna del giorno, La Questi Balzac del Rosati e del Doney, che malinconia (123) MC
Donna più bella del mondo, La Tra Sofia e Gina il pomo alla meno bella (253) QBC
Donne senza uomini Canzoni e judo nella “Città delle ragazze” (49) FD
Dracula il vampiro Dracula il Vampiro fa ridere pazzamente le nostre ossa (165) VEP
Due colonnelli, I Esercenti al verde nel terribile mese di gennaio (249) DRODR
Due del Texas, I Una forte e dolce film che non vedremo, interpretato da Maner Lualdi (209) MC
Due mariti per volta Chi molto inventa nulla inventa (397) DRODR
Due volti del generale ombra, I Trenta gradi all’ombra dell’invincibile, spietato “generale ombra” (294) VEP
E il vento disperse la nebbia Sputava nel piatto della vita il giovane Berry-Berry (203) DRODR
e la Terra prese fuoco Si valutano lacrime e sospiri le buone lauree cinematografiche (117) DRODR
È nata una stella L’amaro tè del povero marito di sua moglie (130) QBC
Ecco il tempo degli assassini Antologia apocrifa suggerita da un brutto film (95) VEP
Eclissi, L’ Non si tratta con Antonioni, bisogna prendere o lasciare (47) DRODR
Eliana e gli uomini Dov’è, chi è, quando si farà vivo il Pigmalione di Ingrid? (115) MC
Era di venerdì 17 Lazzaro, vieni fuori con un soggetto in mano (111) MC
Eri tu l’amore Discorsi marini sui film estivi da un giorno l’uno (132) DRODR
Eroe a metà Consoliamoci col vecchio Helzapoppin (196) QBC
Estate della diciassettesima bambola, L’ La forza jettatoria della diciassettesima bambola (72) FD
Estate violenta L’ingenua, sacrificata gioventù del 1943 in un film di Zurlini (368) VEP
Europa di notte Il paese del nottambulo è una musica, una bottiglia, una scollatura (219) VEP
Eva – Confidenze di una minorenne Su fogli d’amianto, un piccolo ma rabbioso diario d’agosto (141) DRODR
Facciamo l’amore Come tua madre ti fece io lo so meglio di te (155) FD
Fedra Una remota ossessa modernizzata scioglie le ginocchia delle spettatrici (149) DRODR
Femmina Una fionda rotea e scaglia l’amante, sia pure: ma dove e come? (225) VEP
Fermata d’autobus Chiare, fresche e dolci inquadrature, dove le belle membra… (76) MC
Fidanzato di tutte, Il Caccia al marito nella giungla di New York (363) QBC
Figlia del dottor Jekyll, La Follie di luglio i cinematografiche narrate dalle singole vittime (299) VEP
Figlio d’ignoti Sei vecchi temi cinematografici svolti (200) QBC
Figlio di Kociss, Il Consoliamoci col vecchio Helzapoppin (196) QBC
Fine dell’avventura, La Cantilena di angeli all’angolo della dannazione (304) QBC
Finestra di fronte, La Le rancide fiabe estive della nonna cinematografica (192) MC
Finestra sul Luna-Park, La Fantasie di Natale auguri al cinema, lodi a Comencini (294) MC
Fluido mortale Digeriva anche i sassi la belva spaziale di gelatina (304) VEP
Foglie d’autunno Affettuosa replica a De Sica e riverenze a Joan Crawford (80) MC
Follie dell’anno Una prudente occhiata a Marilyn delle follie (149) QBC
Fortezza del tiranno, La Sei vecchi temi cinematografici svolti (200) QBC
Francese e l’amore, La Sette facce della femmina francese (126) FD
Francis contro la camorra I piedi d’argilla del “Gigante di New York” (25) QBC
Frenesia del delitto Rifiutiamo almeno, alla gioventù, lo svago di uccidere senza motivo (269) VEP
Frenetici, I Opinabile ma sincero consenso al famigerato Rock and Roll (196) MC
Fronte del porto Viene “Fronte del Porto” e ci rimette in piedi (79) QBC
Furia e passione Un garzone della regia turba la felice infelicità dei sordomuti (246) FD
Furore di vivere Furore di vivere accanto a una ragazza che aveva lenzuola d’acciaio (409) VEP
Gagliardi e pupe Tutto, nei film di Montero, è ai margini di ogni cosa (79) VEP
Gangsters non muoiono nel loro letto, I Chi molto inventa nulla inventa (396) DRODR
Gatta sul tetto che scotta, La cattivi acquisti nel bazar teatrale di Tennessee Williams (175) VEP
Gattopardo, Il Tardivi inchini alla spossante bravura di Luchino Visconti (317) DRODR
Generale Della Rovere, Il Figli miei, cugini, zii, fratelli miei del cinema, venite e parliamo (327) VEP
Generale Della Rovere, Il Il generale Della Rovere tema pirandelliano ammansito dal cinema (337) VEP
Gervaise Il cinema grosso questi ami getta e questi pesci piglia (135) MC
Gestapo in agguato L’inventiva dei leoni cinematografici di agosto (81) FD
Giacomo il bello Un affascinante primo cittadino sotto inchiesta nel 1931 (14) VEP
Gigante, Il Povero James Dean ora sei proprio e tutto morto (143) MC
Gigolò, Il In fondo al peggio del cinema estivo non si arriva mai (304) FD
Gigante di New York, Il I piedi d’argilla del “Gigante di New York” (25) QBC
Giorni contati, I Vivere come un orso nella gabbia delle cose (405) FD
Giorni felici La Ciociaria di De Santis e il niente di Gallone (94) QBC
Giorno della vendetta, Il Germi e Sturges alla sbarra di una giornata di pioggia (358) VEP
Giovani amanti Sconfitto il nababbo Sinuhe dai poveri amanti (124) QBC
Giovani leoni, I Gradiva le mogli dei superiori, il tenente Christian (34) VEP
Gioventù alla sbarra Il ricorrente equivoco della gioventu bruciata (28) QBC
Giudizio universale, Il Le idee sono vaganti ansie di forma, da attuare subito (346) FD
Giudizio universale, Il (cenno preventivo) Fedele resoconto dei recenti esami di cinema (280) FD
Giulietta e Romeo Il K 2 di “Giulietta e Romeo” e i baratri di “Mambo” (83) QBC
Giullare del re, Il Ho un debole per gli uomini dal berretto a sonagli (100) MC
Giungla del quadrato, La Non c’è pace tra le corde e tra i paletti del ring (347) QBC
Gladiatore di Roma, Il La nenia dei pensieri fra le palme di Mergellina (393) DRODR
Gladiatori, I “I gladiatori” ossia la storia allieva della vita (100) QBC
Gobbo, Il Tremava, dinanzi al gobbo, tutta Roma (131) FD
Grande cielo, Il Piu fulvo e feroce il Kirk Douglas di cinque anni fa (9) MC
Grande giuoco, Il Un amore, due Lollobrigide e la Legione Straniera (68) QBC
Grande guerra, La Alberto Sordi, nei film, dimentica di volersi bene; Gassman purtroppo no (352) VEP
Grande guerra, La (preventivo) Guerre secche e guerre umide, guerre di ieri e di oggi, chi ne vuole? (185) VEP
Grande impostore, Il Superate le auree massime di Abramo Lincoln (160) FD
Grande razzia, La Divagazioni e “Grande razzia” (340) QBC
Grande vendetta, La Uno sposo tradito annienta la Germania (204) QBC
Grirdo, Il Il Po di soldati e di Antonioni aspetta ancora il suo poeta cinematografico (285) MC
Guadalcanal, ora zero Non è vero, ma è bello, che gli strateghi vincano le guerre (67) FD
Guendalina Altre voci e altre stanze, finalmente, per Lattuada (147) MC
Guerra dei bottoni, La Poetico sortilegio di Cechov in un film di Lattuada (254) DRODR
Guerra e pace Un “Guerra e pace” con tutto il cinema e senza Tolstoi (72) MC
Hanno ucciso Vicky  Hanno ucciso Vicky (178) QBC
Helzapoppin Consoliamoci col vecchio Helzapoppin (196) QBC
Hobson il tiranno Lasciate che Charles Laughton si sbracci (113) QBC
Horror Stanche bracciate negli acquitrini del cinema estivo (405) DRODR
Hud il selvaggio Le fatiche erotiche, ginniche e alcooliche di un buttero arrabbiato (430) DRODR
Impero del crimine, L’ Le insulsaggini di un film vecchio e le atrocità di un film nuovo (122) DRODR
Imprevisto, L’ Un professorino di lingue cita Racine e delinque (237) FD
Improvvisamente l’estate scorsa Da Pasolini a Williams, nonostante le apparenze, il passo è breve (451) VEP
In capo al mondo L’ira paziente che oggi accomuna giovani e vecchi (447) DRODR
In Italia si chiama amore Bisogna recitare splendidamente per non recitare (341) DRODR
Incantesimo Musicista condannato offre vedovanza a bella istitutrice (88) MC
Incomparabile Crichton, L’ A Londra, come nella giungla, un padrone ci vuole (7) VEP
Invasione dei mostri verdi, L’ Chi molto inventa nulla inventa (397) DRODR
Inverno ti farà tornare, L’ Una moglie è tutta carne copiativa (266) FD
Io amo, tu ami I meridiani e i paralleli dell’amore (190) FD
Io e il colonnello Il divertente ma plausibile ritratto di un emigrante da ogni terra (129) VEP
Io e la donna Un film e una polemica (buffi) di mezzo giugno (377) DRODR
Io sono la Primula Rossa La Primula Rossa e i Rascel sbagliati (110) QBC
Isola della donna contesa, L’ Il vecchio Sternberg e la sua Lola-Lola gialla (35) QBC
Isola di Arturo, L’ Un accorato esempio di focomelia narrativa (211) DRODR
Isola di smeraldo, L’ Tristezza di vivere qui, mentre i deserti e i barbari ci chiamano (225) MC
Italia piccola Il Po di soldati e di Antonioni aspetta ancora il suo poeta cinematografico (285) MC
Italia proibita L’italiano e l’Italia in due graffianti e piacevoli film (331) DRODR
Italiani come noi La dolce pena e l’acre gioia di essere italiani (371) DRODR
Jolly è impazzito, Il Un insulso film che però ci contiene, dal primo all’ultimo, tutti (30) VEP
Joselito Trionfa in maggio il re dei cuochi cinematografici (15) FD
Jovanka e le altre Dalla teglia dei furtivi amori nella brace della castità (446) VEP
Jules e Jim Come anime del purgatorio nelle fiamme di una superdonna (107) DRODR
Kapò La mestizia ci accomuna più di qualsiasi piacere (102) FD
Lancia che uccide, La Padri e figli tra un mare d’erba e il cielo (127) QBC
Landru Vaghe spiegazioni del tetro fascino di Landru (305) DRODR
Lassù qualcuno mi ama Viva la boxe, che ha una sola giustizia e una sola verità (180) MC
Legge, La Senza la passatella non avremmo dubbi sull’immancabile trionfo dei buoni (234) VEP
Lettere di una novizia Ardita esplorazione in una impervia novizia (136) FD
Lunga linea grigia, La Umiltà di Brescello e superbia di West-Point (245) QBC
Madama Butterfly Rivincita di Gallone con la “Butterfly” di Yachigusa (156) QBC
Mafioso, Il Terra bruciata, dove passa l’attuale Sordi, per l’ingegno altrui (185) DRODR
Magliari, I Magliari ad Amburgo e orfanelli di genitori vivi a Parigi (332) VEP
Mago della pioggia, Il Quaresima e Pasqua di una vergine rurale (151) MC
Maja desnuda, La La Duchessa d’Alba gradirebbe i blue-jeans del Principe Massimo (170) VEP
Maledetto imbroglio, Un Germi e Sturges alla sbarra di una giornata di pioggia (358) VEP
Mambo Il K 2 di “Giulietta e Romeo” e i baratri di “Mambo” (83) QBC
Mamma Roma Non persuade il fratello minore di Accattone (155) DRODR
Mandragora, La La catastrofica signorina Alraune ritorna a tentarci (173) QBC
Mani dell’altro, Le Stanche bracciate negli acquitrini del cinema estivo (403) DRODR
Mano sul fucile, La Bronci d’aprile e un misericordioso film di Turolla (338) DRODR
Marcia su Roma, La Qualche assente, qualche vivo alla macchia ci vuole (229) DRODR
Mare intorno a noi, Il Avventure e crimini di terra e di mare (22) QBC
Mare, Il Annegato a Capri un film d’avanguardia DRODR
Margherita e la strana famiglia Soprannaturali zuffe senza invasioni di campo (271) FD
Maria Octobre Hanno inchiodato il cinema alla roccia delle parole, come Prometeo (255) VEP
Marijuana La marijuana, gruccia del mandrillo (41) QBC
Marisa la civetta Cammina cammina l’obiettivo su Marisa la civetta (271) MC
Marito latino, Il Tre volte in dieci anni giacque con la sposa il marito latino (461) VEP
Marito, Il Un affascinante primo cittadino sotto inchiesta nel 1931 (14) VEP
Marty La ragazza di Little Italy e quella di Comacchio (234) QBC
Maschera del demonio, La L’inventiva dei leoni cinematografici di agosto (81) FD
Masnadiero, Il Baci, pistole, ceppi, musica e Laurence Olivier (48) QBC
Medico e lo stregone, Il C’era una volta, a Pianetta, un angolo di Papuasia (290) MC
Miliardari, I I cinque eremiti della metropoli semivuota nel tardo giugno (205) MC
Miliardaria, La Il dramma è più maneggevole della commedia (209) FD
Mina, La Pericolose e buffe domande agli esami di giugno (70) VEP
Minorenni proibite I soliti confetti per madama, che ci darà il visto (58) FD
Mio figlio Nerone Il no della giuria di Venezia: tanta salute per Cannes (53) MC
Mio zio Domanda scusa, Tati, di qualunque verticale (116) VEP
Misteri di Roma, I Non irreparabili gli errori di Zavattini e di Fellini (Riccardo) (423) DRODR
Moglie di mio marito, La Piccolo dizionario dei film della settimana (256) FD
Momento più bello, Il Anche le gatte, nel momento più bello, si vanno in fretta a nascondere (155) MC
Monaca di Monza, La Gemete per vostro conto, mentre lo schermo patisce un brutto film (74) DRODR
Mondo cane Il mondo: una perfetta imperfezione che gira intorno alla propria condanna (35) DRODR
Mondo è delle donne, Il Il mondo non è proprio tutto delle donne (140) QBC
Mondo nella mia tasca, Il Piccolo dizionario dei film della settimana (256) FD
Mondo sulle spiagge Inopinati film estivi al confessionale dell’arte (146) DRODR
Morte di un amico A Franco Rossi auguro soltanto di invecchiare un po’ (403) VEP
Mostro di Londra, Il Hanno trovato una faccia d’angelo per mister Hyde (241) FD
Motivo in maschera Biasimevoli rapporti tra cinema e radio (273) QBC
Napoleone ad Austerlitz Napoleone ingannò i nemici come le donne ingannavano lui (97) FD
Napoletano nel Far West, Un Napoli, sobborgo e capitale del mondo conosciuto (284) QBC
Napoli, terra d’amore Era cosi la Napoli del 1905? (183) QBC
Nata di marzo Un affascinante primo cittadino sotto inchiesta nel 1931 (14) VEP
Nel blu dipinto di blu Come la vergine di Latina andò a nozze a Roma col picaro di Giarre (230) VEP
Nella città l’inferno Un poeta avvista e fruga le recluse delle Mantellate (200) VEP
Nessun amore è più grande Nessuno evita nessuna opportunità di nuocere a nessuno (285) FD
Nessuno resta solo Vita, morte e miracoli di un dottore (249) QBC
Noi due, sconosciuti Il giovane architetto aveva qualche zig-zag nei desideri (116) FD
Noi duri Assegnato con memorabile equanimità l’oscar della Mediocrità (436) VEP
Non scherzare con le donne I cinque eremiti della metropoli semivuota nel tardo giugno (205) MC
Non uccidere Intempestivi, timidi a elogi un virile e dissodante film (53) DRODR
Nonna Sabella, La Il mondo mi riafferra, conducendomi a un picnic cinematografico (237) MC
Notte brava, La Un bizzarro e drammatico processo alla Corte d’Assise del Cinema (373) VEP
Notte di terrore Sulla strada la morte fa cenno col pollice (13) MC
Notte, La Vogliamo itinerari e non vagabondaggi d’arte (170) FD
Notti bianche Immerso fino al collo nei guai stilistici Luchino l’apostata (276) MC
Notti di Cabiria, Le Retori e scettici blu del cinema, lasciate che Fellini canti (250) MC
Nuovi angeli, I La realtà sorpresa come l’adultera nell’alberghetto (415) FD
Occhi senza volto Un volto di ricambio per l’infelice Cristiana (39) FD
Occhio ipnotico, L’ Fedele resoconto dei recenti esami di cinema (280) FD
Odio colpisce due volte, L’ Assassini, forse assassini quasi assassini (38) QBC
Odissea nuda Nude e aride bottiglie vuote, le femmine di Thaiti (228) FD
Oggi a Berlino In una favola d’amore la reale infelicità del popolo miccia (66) DRODR
Oklahoma! Il cinema grosso questi ami getta e questi pesci piglia (135) MC
Operazione notte Rivincita di Gallone con la “Butterfly” di Yachigusa (156) QBC
Ora X: Gibilterra o morte Guerre secche e guerre umide, guerre di ieri e di oggi, chi ne vuole? (185) VEP
Orchidea nera Con la sola faccia, Sofia Loren non incendia il fotogramma (215) VEP
Ore dell’amore, Le Cinque facce della falsa e della vera intelligenza cinematografica (290) DRODR
Orgoglio e passione Orgoglio e cannone, ovvero i catastrofici viaggi di Chiquito (298) MC
Oro di Napoli, L’ Dolorose e tardive spiegazioni ad una intelligente signora (200) MC
Otto celle della morte, Le Otto morti nel penitenziario visti da un film e da due noti scrittori (264) VEP
Pace a chi entra In ogni lunga sciagura i concepimenti infuriano (410) FD
Padri e figli I sogni di Marcella e le intemperanze di Alvaruccio (139) MC
Paladino della Corte di Francia, Il Riflessioni di viaggio, seguite da un film regicida (410) DRODR
Pane, amore e… Complici di Sofia mare e cielo di Sorrento (280) QBC
Parete di fango, La Chi può giurare che Adamo non fosse ottentotto o cinese? (125) VEP
Parigina a Roma, Una Sei vecchi temi cinematografici svolti (200) QBC
Parmigiana, La I primi cinque uomini di una piccola emiliana (275) DRODR
Pastorella e lo spazzacamino, La Il tiranno di Grimault, la serva di Emmer (106) QBC
Peccatori di Peyton, I Registi che riabilitino romanzieri cercansi (10) VEP
Peccatori in blue-jeans Andateci con il bicarbonato a vedere Peccatori in blue-jeans (195) VEP
Phffft… e l’amore si sgonfia L’amore si sgonfia come una camera d’aria (223) QBC
Pianeta dove l’inferno è verde, Il Per l’inferno dei peccatori cinematografici di giugno, da questa parte (62) VEP
Pianeta fantasma, Il Muore di scibile e di alta matematica la nostra civiltà (365) DRODR
Piangerò domani I pianti di Lilian e la piccola grandezza di Alessandro (64) MC
Picnic Fermati, vagabondo, sono Kim Novak (61) MC
Pionieri del west, I Pericolose e buffe domande agli esami di giugno (70) VEP
Policarpo ufficiale di scrittura Piove sui melliflui russi di Litvak e sugli arcaici romani di Soldati (239) VEP
Ponte sul fiume Kwai, Il Storia di un ponte, di una terra, di due colonnelli (22) VEP
Posto delle fragole, Il I viaggi di Ingmar Bergman nella coscienza di un vecchio egoista (289) VEP
Posto, Il Un ragazzo nella giungla degli impieghi milanesi (322) FD
Pranzo di nozze Un bisturi di velluto nel film “Pranzo di nozze” (84) MC
Precoci, Le Tre ingegnosi, bizzarri ed economici svaghi di giugno (284) VEP
Principe del circo, Il Al “Drive-In” quando le cicale danno le consegne ai grilli (99) VEP
Principe e la ballerina, Il Principi e ballerine, dighe e tifoni lasciano il tempo che trovano (267) MC
Principe fusto, Il Risate fisiologiche, paragonabili ai riflessi provocati dal martelletto del neurologo (466) VEP
Principessa del Nilo, La I disperati di Villa Borghese parlarono cosi (208) QBC
Processo a porte chiuse Piaghe odierne sotto i ferri di Harlan e di Gamma (257) DRODR
Processo di Norimberga I ricorrenti eccidi finiranno quando vorremo poco, anzi niente (274) VEP
Processo di Verona, Il Con Galeazzo Ciano da palazzo Venezia alla fossa di Verona (293) DRODR
Pugno di criminali, Un Sei vecchi temi cinematografici svolti (200) QBC
Quando la moglie è in vacanza L’inaudita ragazza estiva di Manhattan (269) QBC
Quando una ragazza è bella L’aprile sei tu – La prima canzon d’amor – Che fa svanir – L’inverno dal cuor (221) MC
Quarantunesimo, Il Un po’ di amore alla Miss Agonia di tutte le Russie (50) VEP
Quattro alla Morgue Stanche bracciate negli acquitrini del cinema estivo (405) DRODR
Quattro giornate di Napoli, Le I meriti di Napoli, che un fiato di libeccio dissolve (198) DRODR
Quattro moschettieri, I La nenia dei pensieri fra le palme di Mergellina (392) DRODR
Quattrocento colpi, I Magliari ad Amburgo e orfanelli di genitori vivi a Parigi (332) VEP
Quel tipo di donna Assegnato con memorabile equanimità l’oscar della Mediocrità (436) VEP
Quel treno per Yuma Voglio favole puerili mentre scoccano falsi pianeti (255) MC
Quella certa età Sillabario d’amore di Colette e di Autant-Lara (131) MC
Quelle Arringa di un giovane bruciato verdissimo (20) FD
Questione di vita o di morte L’età in cui diciamo catino e pensiamo Atlantico (25) FD
Raccomandato di ferro, Il Tre ingegnosi, bizzarri ed economici svaghi di giugno (284) VEP
Racconti romani Lasciateli passare, sono i romani di Moravia (276) QBC
Ragazza che sapeva troppo, La La nenia dei pensieri fra le palme di Mergellina (392) DRODR
Ragazza con la valigia, La Incontinente e dubbia l’Aida di Zurlini (223) FD
Ragazza del peccato, La Tre cose irripetibili abbiamo: la nascita, la morte e B.B (143) VEP
Ragazza del secolo, La Ragazze e crimini del nostro bel secolo (87) QBC
Ragazza della salina, La Alla suprema sbarra, lontano sia, tenterò questa difesa (188) MC
Ragazza di campagna, La Tardivo trionfo di una moglie fraintesa (163) QBC
Ragazza nuda, Una Il cinema affoga in un erotismo allucinato e sterile (420) DRODR
Ragazza per l’estate, Una Assegnato con memorabile equanimità l’oscar della Mediocrità (436) VEP
Ragazze di Sanfrediano, Le Gli eccessi dell’invenzione e gli eccessi della cronaca (133) QBC
Ragazzo sul delfino, Il Sofia Loren rinnova con ogni suo film il miracolo giudiziario di Frine (172) MC
Rapina, La Con tre famosi collaboratori nelle sabbie di un film estivo (299) FD
Rapinatori del passo, I Trentacinquemila dollari in una bara di campagna (25) MC
Razziatori, I Questa è una settimana cinematografica (320) QBC
Re a New York, Un Divina casualità di Charlot (259) MC
Regina di Venere, La In mano alle donne il civilissimo pianeta Venere (44) FD
Riccardo III In credito di un fratricidio lo scellerato duca di Gloucester (96) MC
Riscatto Il maremmano Folco Lulli, belva soave (5) QBC
Ripudiata I disperati di Villa Borghese parlarono cosi (208) QBC
Ritorno dall’eternità Ci vorrebbe un’altra arca di Noè (127) MC
Ritorno di Texas John, Il Chi è causa del suo western pianga se stesso (97) DRODR
Ritrovarsi all’alba Sei vecchi temi cinematografici svolti (200) QBC
Ro-Go-Pa-G Cinque facce della falsa e della vera intelligenza cinematografica (287) DRODR
Ro-Go-Pa-G (La ricotta) Scrupoli di primavera e un grazioso film di Guerrasio DRODR
Rocambole Mattina di quadri e sera di mitologici ladri (351) DRODR
Rocco e i suoi fratelli Il dolore dell’uomo del sud nel paese dello scialo (91) FD
Ronde, La Tre gentili amici vi parlano del cinema per me (190) VEP
Rosa tatuata, La Una grande Magnani e uno spaesato Gérard Philipe (336) QBC
Rossa, La Affettuoso ultimatum a Fortunato Misiano (33) MC
Ruggito del topo, Il Dieci buffi arcieri del baronetto Fenwich sconfiggono l’America (347) VEP
Salvatore Giuliano Gli orridi fiori del giardinetto di Caino (396) FD
Salverò il mio amore Le vittime del tortuoso pulzellaggio anglosassone (327) FD
Sangue di Caino Sei vecchi temi cinematografici svolti (200) QBC
Sayonara I figli mezzi te e mezzi me di Lloyd Gruver e di Hana-Hogi (18) VEP
Scapolo, Lo Questa è una settimana cinematografica (320) QBC
Schiave di Cartagine Schiave bionde e brune dissipate in Bitinia (119) MC
Scuola dei dritti, La Chi non è un gradino sopra è fatalmente un gradino sotto (165) FD
Seduttore, Il I leoni del Quadraro mangiano fieno (76) QBC
Segno di Venere, Il Imparziale ragionamento sulle Veneri dei film (137) QBC
Sei colpi in canna Dito sul grilletto, cuore in fiamme (35) FD
Selvaggio, Il Le devastazioni di Marlon Brando (103) QBC
Seme della violenza, Il Che fare, quando la cattedra è una trincea? (300) QBC
Senso Un saio per il diavolo di Luchino Visconti (117) QBC
Sentiero della violenza, Il Il fuoco di un western allontana le belve dei cattivi pensieri (147) VEP
Sesso debole I cinque eremiti della metropoli semivuota nel tardo giugno (205) MC
Sesso e alcool Discorsi marini sui film estivi da un giorno l’uno (134) DRODR
Sete del potere, La Intrighi e scandali in un mobilificio americano (51) QBC
Sette ladri, I Arringa di un giovane bruciato verdissimo (20) FD
Sette navigatori dello spazio, I Chi molto inventa nulla inventa (397) DRODR
Sette peccati capitali, I Senza un ottavo peccato capitale, è finita, per me (44) DRODR
Sette samurai, I Sette Samurai, quaranta banditi, un grande film (216) QBC
Sette sfide, Le Fedele resoconto dei recenti esami di cinema (280) FD
Sexy al neon Si valutano lacrime e sospiri le buone lauree cinematografiche (115) DRODR
Sexy Girl Appendice alla Dolce Vita e un’orgia di usuali film (426) VEP
Sexy nel mondo Il cinema affoga in un erotismo allucinato e sterile (419) DRODR
Sfida del samurai, La Stanche bracciate negli acquitrini del cinema estivo (401) DRODR
Sfida, La Eccellenti fotografi delle cose, privi di nozione e di sentimento delle cose (107) VEP
Sgarro, Lo Vita difficile a Roma e facili mazzate a Napoli (386) FD
Sigfrido Un bizzarro e drammatico processo alla Corte d’Assise del Cinema (373) VEP
Signora dal cagnolino, La Una signora e una passione più bianche dei gigli (261) FD
Signora per bene, Una Una distinta signora e un uomo qualunque (44) QBC
Signori si nasce Trionfa in maggio il re dei cuochi cinematografici (15) FD
Simba Romanzi e farse al di là degli schermi (288) QBC
Sinuhe l’egiziano Sconfitto il nababbo Sinuhe dai poveri amanti (124) QBC
Sodoma e Gomorra Non si cucinano intingoli nei pentoloni di reggimento (169) DRODR
Soglia dell’inferno, La Non toccava donna, il sergente Ivanhoe (29) MC
Sogni muoiono all’alba, I Amore, lasciaci rapire qualcosa alla rapina (337) FD
Sogni nel cassetto, I Ringraziamenti al Castellani dei cassetti pieni di nuvole (245) MC
Soliti ignoti, I I laceri, ingenui, commoventi Don Chisciotte del “rififi” (119) VEP
Sorprese dell’amore, Le Una ragazza calda e una fredda come liquidi nel thermos (383) VEP
Sorrisi di una notte d’estate Uno svedese, Ingar (sic!) Bergman, salva il Barberini (329) MC
Souvenir d’Italie Nessuno s’inginocchia davanti a Ischia o a Taormina dicendo grazie (168) MC
Spettacolo di varietà Addio a Fred Astaire (19) QBC
Spionaggio atomico Questa è una settimana cinematografica (320) QBC
Sposa bella, La Preti e bambini tornano a casa quando è notte (5) FD
Sposata ieri Trentadue gradi all’ombra di “Sposata ieri” (193) QBC
Stagione del sole, La Arringa di un giovane bruciato verdissimo (20) FD
Steppa, La Poetico sortilegio di Cechov in un film di Lattuada (251) DRODR
Storia di Tommy Steele, La Pericolose e buffe domande agli esami di giugno (70) VEP
Storia di una monaca Una radura nella giungla cinematografica delle pupe dei bulli (342) VEP
Storie sulla sabbia Non irreparabili gli errori di Zavattini e di Fellini (Riccardo) (425) DRODR
Strada a spirale, La Risolti dal pallottoliere del buon senso i problemi del cinema (241) DRODR
Strada, La Dice Fellini: <<Facite ‘a faccia poetica>> (58) QBC
Strane licenze del caporale Dupont, Le Tra i film e i libri, in maggio, la mia scelta è fatta (356) DRODR
Straniero fra gli angeli, Uno Le rancide fiabe estive della nonna cinematografica (192) MC
Strano detective, Uno Le belle di Torino e il parroco londinese (262) QBC
Strega in Paradiso, Una Un soffio e Kim svanirebbe come la diafana corolla di un’effimera (210) VEP
Suo onore gridava vendetta, Il “Il suo onore gridava vendetta” (179) QBC
Susanna, agenzia squillo Natale all’uscio con Judy Holliday (140) FD
Suspense Legato mani e piedi a una gualcita copertina verde (89) DRODR
Svitato, Lo Lunga sfortuna italiana dell’umorismo: “Lo svitato” (316) QBC
Tanoshimi, è bello amare Quattro marines alla scoperta della geisha (199) FD
Taras il Magnifico Risolti dal pallottoliere del buon senso i problemi del cinema (241) DRODR
Teddy-boys della canzone, I L’inventiva dei leoni cinematografici di agosto (81) FD
Tempesta su Washington Sentimenti a Firenze, risentimenti a Washington (163) DRODR
Tempesta sul Nilo Quattro volte pauroso l’eroico Harry (359) QBC
Tempesta, La Dopo Mosè e Rossella, ecco le battaglie di Pugacev (155) VEP
Tempi duri per i vampiri Un bizzarro e drammatico processo alla Corte d’Assise del Cinema (373) VEP
Teresa Etienne Tre gentili amici vi parlano del cinema per me (190) VEP
Terza voce, La Arringa di un giovane bruciato verdissimo (20) FD
Tesoro dei barbari, Il Si valutano lacrime e sospiri le buone lauree cinematografiche (116) DRODR
Tesoro sommerso, Il “Il tesoro sommerso” (176) QBC
Testamento del mostro, Il Non risolve niente la bibita che separa il bene dal male (77) FD
Testimone d’accusa Un affascinante primo cittadino sotto inchiesta nel 1931 (14) VEP
Tetto, Il Date una moglie e una casa agli allievi muratori (57) MC
Tetto, Il Affettuosa replica a De Sica e riverenze a Joan Crawford (80) MC
Tetto, Il L’arte è la vita come appare a chi sta lucidamente perdendola (159) MC
Topi, I Hauptmann aggredito e percosso da Siodmak (292) QBC
Torna a settembre Come sfuggire al film “Torna a settembre”? (342) FD
Torna! I fantocci di Matarazzo e gli uomini di Barreto (12) QBC
Totò e Marcellino Senza la regia di un poeta va Marcellino sulle vie dell’Inferno (46) VEP
Trapezio Non è di Gina la colpa di Gina (104) MC
Traversata pericolosa Avventure e crimini di terra e di mare (22) QBC
Tre strisce al sole Gli occhi e le fate della volubile propaganda (312) QBC
Tua donna, La Corte d’assise e rimorsi per l’onorevole Ademari (296) QBC
Tunnel dell’amore, Il Follie di luglio i cinematografiche narrate dalle singole vittime (299) VEP
Tuppe Tuppe marescia’ Tre gentili amici vi parlano del cinema per me (190) VEP
Tutti a casa Volli bene, per due ore, al film “Tutti a casa” (112) FD
Tutti innamorati Il primo giro di manovella o è un “Lazzaro, vieni fuori” o non è (245) VEP
Ulisse Mario Camerini delude Omero ma salva un film (65) QBC
Ultima spiaggia, L’ Stanley Kramer ci dà tempo sino al 1964, approfittiamone (393) VEP
Ultima violenza, L’ La sventurata figlia del bombardamento del 25 marzo 1941 (315) MC
Ultimi giorni di Pompei, Gli Trionfa in maggio il re dei cuochi cinematografici (15) FD
Ultimi, Gli Megere a Los Angeles, angeli nel Friuli (362) DRODR
Ultimo apache, L’ La quasi Lollobrigida Mara Lane (90) QBC
Ultimo atto, L’ Brindavano alla morte i generali di Hitler (344) QBC
Ultimo bersaglio, L’ La guerra di Corea senza retorica (190) QBC
Ultimo urrah, L’ L’eroe di Ford trasforma una veglia funebre in un comizio (180) VEP
Uno, due, tre S’acciglia Bennati a Leopoldville, ride Wilder a Berlino (13) DRODR
Uomini non pensano che a quello, Gli Sia fatta, con le donne, la volontà del nulla e del tutto (75) VEP
Uomini sposano le brune, Gli Questa è una settimana cinematografica (320) QBC
Uomo che non voleva uccidere, L’ Malinconie di stagione, poco alleviate dai butteri di Hathaway (66) VEP
Uomo da bruciare, Un L’impavido ometto che dice sempre: “noi” (179) DRODR
Uomo dal braccio d’oro, L’ L’inferno delle droghe in un forte e debole film (332) QBC
Uomo del ricsciò, L’ Fammi posto vicino a te sulla stuoia, piccolo uomo giallo (205) VEP
Uomo senza passato, L’ La poesia è indubbiamente folle, ma ci guarisce di noi (221) DRODR
Uomo senza paura, L’ Il cow-boy affascinato da una bagnarola (230) QBC
Vecchio e il mare, Il Gonfio di pesce, il vecchio e il mare è un tedioso venerdì cinematografico (151) VEP
Vedova elettrica, La Una vedova francese con i piu alti consumi di energia elettrica (42) VEP
Vendetta del ragno nero, La Su fogli d’amianto, un piccolo ma rabbioso diario d’agosto (139) DRODR
Venere in visone Amara sorte della ragazza di molti uomini (180) FD
Veneri d’argento Fedele resoconto dei recenti esami di cinema (280) FD
Ventimila leghe sotto i mari “Ventimila leghe sotto i mari” di Walt Disney (259) QBC
Vento di terre lontane Chiare, fresche e dolci inquadrature, dove le belle membra… (76) MC
Vergine moderna Dice Fellini: <<Facite ‘a faccia poetica>> (58) QBC
Vergini di Roma, Le Stanco arrivederci alla prossima annata cinematografica (308) FD
Vergini di Salem, Le Ucci, ucci, il Miller del “Crogiuolo” non sente odor di comunistucci (58) VEP
Verità, La Nessuno è vero e vivo nei fatti (213) FD
Verso la vita Amari, quotidiani appunti di un esule (volontario) dal cinema (77) DRODR
Viaggio, Il Piove sui melliflui russi di Litvak e sugli arcaici romani di Soldati (239) VEP
Victim Triste bilancio, peggiorato da un film ambiguo (420) FD
Vigilata speciale Grandezze e miserie della “Vigilata speciale” (32) QBC
Villaggio dei dannati, Il Abbiamo il complesso della serva cosmica (290) FD
Vincitori alla sbarra Voci attualissime dal martirio del ghetto di Varsavia (217) DRODR
Vincitori e vinti La patria del giudice è, o dovrebbe essere, la giustizia (381) FD
Violenti, I Le rancide fiabe estive della nonna cinematografica (192) MC
Violenza segreta Inchini a Greta Garbo, applausi a Maryam (283) DRODR
Violenza sul lago Assassini, forse assassini quasi assassini (38) QBC
Vita di un gangster I blue-jeans chiamano vicende aspre e non soavi carezze materne (314) VEP
Vita difficile, Una Vita difficile a Roma e facili mazzate a Napoli (386) FD
Vita provvisoria, La Piaghe odierne sotto i ferri di Harlan e di Gamma (259) DRODR
Vita violenta, Una Le azioni gladiatorie, di carnefici e di vittime, dei romanacci (29) DRODR
Vittoria amara Mordi, scorpioncino bello… sii gentile, mordi il capitano Jimmy (306) MC
Viva il generale José Il dolce tè del generale José (180) QBC
Viva l’Italia L’eroismo patriarcale di Giuseppe Garibaldi (175) FD
Voglio essere tua “Voglio essere tua” (178) QBC
Volpe di Londra, La L’impiegato Rocky modula uno sberleffo e vola su Londra (213) MC
Volto nella folla, Un Solitario Rhodes, volto nella folla, non ha pietà di noi (310) MC
West Side Story Risolti dal pallottoliere del buon senso i problemi del cinema (241) DRODR
Zia d’America va a sciare, La Per l’inferno dei peccatori cinematografici di giugno, da questa parte (62) VEP
No, romanzieri e poeti non gioveranno ai film (325) MC
Punite il Cinema, dico io, e abbiate pietà di Lana Turner (38) VEP
Vane e futili croci sulle tombe dei soggetti cinematografici (83) VEP
Ultima sessione di esami cinematografici (91) VEP
Breve congedo, sul filo di una polemichetta (102) VEP
Quieta replica, ben certa di lasciare il tempo che trova, a Pasolini (431) VEP
Piccola e leale enciclopedia dei film estivi: QBC
Nessun film e tutto il cinema (5) MC
Marilyn sposa Arthur per sapere quanto è bella (17) MC
Perché Miller doveva sposare Marilyn (37) MC
Purtroppo la salvezza è nella cronaca (41) MC
Malinconico e allegro biglietto di auguri a Giannini, a Vigorelli a Chiarini (229) MC
Muoia il cinema con tutti i filistei (280) MC
Il principale, irreparabile avvenimento cinematografico del 1957 (302) MC
Clamorosa conversione a Maurizio Arena (10) FD
Una balia per il cinema (53) FD
Il cinema indifeso (86) FD
Micidiali incontri nella buia selva delle canzonette DRODR
Livido, spossato e madido cinegiornale di luglio DRODR
Giorni incresciosi, alleviati dal giuoco delle interviste DRODR
Pensieri oziosissimi sul 1963 in culla DRODR

 

Legenda (i link sui titoli rinviano ai post relativi a ciascuno di essi su it.arti.cinema):

QBC: Questo Buffo Cinema (Bompiani, 1956)

MC: Marotta Ciak (Bompiani, 1958)

VEP: Visti e perduti (Bompiani, 1960)

FD: Facce dispari (Bompiani, 1963)

DRODR: Di riffe o di raffe (Bompiani, 1965)

 

OT – Gli hashtag segreti di Periscope

Periscope 2015 Holiday Hashtags

Chi mi conosce sa che da quando, il 26 marzo 2015, è stato lanciato Periscope, di rado è passato più di un giorno o due senza che la utilizzassi – in genere per raccontare i film collocati nei palinsesti di Rai Movie, ma spesso e volentieri anche per mostrare qualcosa che non ha a che fare con la mia professione.

Per chi non lo sapesse, Periscope è un’App per smartphone e tablet che consente a chiunque lo desideri di andare in diretta video in qualsiasi momento, inviando nel contempo un Tweet che avvisa dell’iniziata trasmissione tutti i propri follower… e chi non vuole trasmettere può, invece, sintonizzarsi sulla diretta di qualcuno che lo sta facendo, inviandogli commenti testuali in diretta o anche solo comunicando il proprio apprezzamento battendo un dito sullo schermo, cosa che produce sul video in corso un piccolo fiume di cuoricini volanti.

In questi dieci mesi, l’App è stata aggiornata più volte, introducendo via via miglioramenti e innovazioni. Fra queste, una delle più inutili e al tempo stesso più sorprendenti è la graduale introduzione di hashtag “segreti” che trasformano i cuoricini in oggetti diversi, in genere legati a qualche particolare occasione (e, ho scoperto dopo aver pubblicato questo post, in questi casi attivi solo per un periodo di tempo limitato).

Questo post, che poco o nulla ha a che fare con l’argomento del blog, si propone sostanzialmente come un archivio in progress degli hashtag fin qui scoperti, in modo da poter servire a me come riferimento qualcora li volessi utilizzare per qualche motivo. Siete invitati a segnalare quelli che finora mi fossero sfuggiti – se lo desiderate anche con qualche screenshot che mostri i risultati.

Comincio con quelli rivelati nel dicembre 2015:

#christmas (albero di Natale – ora inattivo)
#snow e #winter (fiocco di Neve)
#newyear e #2016 (la famosa palla di Times Square con su 2016 – ora inattivo)
#hanukkah (una specie di trottolina che, scusatemi, non so cosa sia – ora inattivo)

A memoria, mi vengono in mente anche questi esempi precedenti:

#halloween (pipistrelli – il primo hashtag segreto che sia stato rivelato, ora inattivo)
#birthday (palloncini)
#ThanksGiving (tacchini arrosto – ora inattivo)

#LSSC o #Colbert
#LSSC o #Colbert
#easteregg
#easteregg

Più di recente, ho scoperto questi:

#hogben (un QR code che, secondo un’amica, porta a un breve video da Jurassic Park – ma di cui ancora non capisco il senso)
#LSSC e #Colbert (trovato su http://periscopeblog.com ma ora inattivo)
#AUSracchetta e pallina da tennis per gli Open)
#SFSketchfest (risatona fumettosa – ancora da provare)
#WorldSeries (palle da baseball – ora inattivo)
#easteregg (che diavolo è, una specie di frigorifero nano?)

So che me ne stanno sfuggendo diversi e provvederò ad aggiornare questo post via via che me li ricordo, li scopro, o me li segnalerà qualcuno. Nel frattempo, se ancora non l’avete fatto, scaricate Periscope e se ne avete voglia venite a salutare durante una delle prossime dirette. Mi trovate qui.

Dietro le quinte – la lotta sui formati, il caso “Witch Mountain”

Lavorare per un canale di cinema come Rai Movie non significa solo scegliere e collocare i film ma include una quantità infinita di altre attività. Una di queste è l’attenzione costante ai formati dei film che trasmettiamo: perché se lo schermo televisivo resta sempre uguale, non altrettanto può dirsi dei film. Quella dell’aspect ratio corretta è una giungla in cui a volte diventa davvero arduo districarsi e in molti casi sono preziosissime le segnalazioni, attraverso le pagine social del canale, degli spettatori più attenti ed appassionati.

Commento su Facebook

Facciamo l’esempio di una rimostranza che, per una volta, si è rivelata infondata per spiegare che tipo di lavoro bisogna fare. Nello scorso weekend compare sulla pagina Facebook del canale questa segnalazione di Fabrizio Di Dio relativa al film Disney Incredibile viaggio verso l’ignoto (Escape to Witch Mountain). Fabrizio, che a giudicare dal post (e ancor più dai commenti successivi alla mia prima risposta) è un vero appassionato, ha notato che nei due passaggi del film, lo scorso 15 agosto e poi il 28 dello stesso mese, sono cambiati non solo il formato della copia trasmessa ma anche i cartelli dei titoli di testa.

Un messaggio del genere, così circostanziato, imponeva un minimo di ricerca – anche perché ricordavo che sul film in questione avevamo avuto, proprio in occasione del passaggio del 15 agosto, un problemino: benché avessimo annunciato la presenza del secondo canale audio opzionale, per consentire a chi sa l’inglese di godersi la versione non doppiata, il film era infatti stato trasmesso soltanto in italiano, come ci era stato segnalato puntualmente dallo stesso Fabrizio.

Incredibile viaggio verso l'ignoto - titoli italianiCosa era successo? Che il file digitale del film si era rivelato, a poche ore dalla messa in onda del 15 agosto, danneggiato. Pertanto, al fine di evitare una sostituzione dell’ultimo momento, le responsabili della messa in onda erano corse ai ripari con una copia più vecchia presente in archivio. Questa copia non aveva il doppio audio – ma aveva qualcosa di particolarmente apprezzato da certi appassionati, vale a dire i titoli di testa in italiano. Sempre più spesso, infatti, le major statunitensi producono un unico master per la distribuzione televisiva dei loro film e, inevitabilmente, si semplificano molto la vita utilizzando per tutti i territori i titoli originali.

Oltre a questo elemento, tuttavia, il film aveva un formato corrispondente a quello dei vecchi schermi televisivi, con un rapporto di base/altezza corrispondente a 4/3. Fabrizio, che come si diceva è uno spettatore particolarmente attento, ha notato che in questa versione si vedeva una parte più ampia del fotogramma rispetto a quella che si vedeva nella copia, nuova di zecca, trasmessa due settimane dopo, il 28 agosto. E ne ha dedotto che quest’ultima fosse in realtà incompleta: La prima visione del 15 agosto proponeva una edizione titolata in italiano e con il formato di schermo integrale fedele all’edizione originaria in 4:3 distribuita originariamente nei cinema negli anni 70 invece, l’edizione di questo pomeriggio e` diversa con i titoli in inglese e lo schermo croppato a 16:9. Devo scrivere “croppato” perche` si tratta di 4:3 ridotto cui sono state tagliate le porzioni superiori ed inferiori.

Fabrizio aveva ragione e torto allo stesso tempo: ragione nel notare come la prima versione fosse integrale – ossia mostrasse per intero il fotogramma originale – ma torto nel pensare che l’edizione originaria del film fosse in 4/3. Ma andiamo per gradi: ecco qui di seguito le screen capture delle due versioni per un confronto diretto.

La copia 4/3 del 15 agosto
La copia 4/3 del 15 agosto
La copia 16/9 del 28 agosto
La copia 16/9 del 28 agosto

Cosa nota l’osservatore attento? Non c’è dubbio che nella prima versione si veda una porzione di fotogramma maggiore: sopra la testa del personaggio centrale c’è molta più aria e la mano della bambina si vede tutta, mentre nella seconda versione è tagliata. Tuttavia, anche da due immagini di qualità bassa come questa si nota come la seconda versione abbia colori più brillanti e una definizione superiore.

Escape to Witch Mountain - titoli USAAl di là di questo dettaglio, tuttavia, c’è un altro dettaglio importante da tener presente. Se si va a controllare la scheda del film su Imdb si nota che l’aspect ratio originale di Incredibile viaggio verso l’ignoto era 1,75:1. Un rapporto di base/altezza, insomma, più vicino ai 16/9 degli odierni schermi televisivi che al 4/3 di quelli precedenti.

Come è possibile, quindi, che esistesse una versione in 4/3? Perché molto spesso capitava che film destinati ad essere proiettati al cinema in un formato panoramico (o widescreen o come preferite chiamarlo) venissero girati col cosiddetto open matte, vale a dire impressionando l’intero fotogramma 35mm. Questo metodo aveva due vantaggi: consente, in fase di stampa, di effettuare se necessario qualche piccolo aggiustamento inquadratura per inquadratura, alzando o abbassando un poco l’immagine… e anche di trasmettere il film sui vecchi apparecchi televisivi riempiendo bene tutto lo schermo, senza imporre quelle bande nere sopra e sotto che tanti spettatori avevano in uggia. Il problema è che, in questo modo, in TV si vedevano a volte pezzi di fotogramma che non dovevano comparire. Nella versione che abbiamo trasmesso il 28 agosto si vede invece tutto quello, e soprattutto solo quello, che si doveva vedere originariamente nelle sale che proiettavano il film.

 

EXTRA:

Un esempio perfetto di questo fenomeno si trova sul sito http://www.widescreen.org/. La scena di Un pesce di nome Wanda con John Cleese nudo perde senso se si trasmette il film in open matte perché si scopre che sul set l’attore indossava in realtà un paio di calzoncini.

Un pesce di nome Wanda - con e senza mascherino
Un pesce di nome Wanda – con e senza mascherino (dal sito http://www.widescreen.org/)

Due settimane con Mario Soldati

Mario SoldatiDopo la rassegna dedicata ad Alberto Lattuada, a Rai Movie proseguiamo sulla linea della riscoperta estiva di classici dimenticati del cinema italiano con un significativo omaggio a Mario Soldati, un altro regista di cui oggi si parla poco, soprattutto se si pensa alla copiosità della sua produzione. Ma è vero che di questo parziale oblio lo stesso Soldati è stato in qualche modo corresponsabile, ritirandosi relativamente presto dalla regia cinematografica per privilegiare la propria attività di scrittore affiancandola a quella di autore (e conduttore) televisivo.

Nella presentazione dell’omaggio in due notti che a Soldati, a ridosso della scomparsa, dedicò Fuori Orario, Enrico Ghezzi ne raccontava il cinema sottolineando come fosse frutto di un curioso equilibrio fra cura e distacco, fra eleganza e noncuranza. Un cinema quasi per caso: capace di essere dovunque, di essere a casa in tutti i generi, dal noir al dramma in costume al melodramma al filone picaresco, all’avventuroso al comico, c’è davvero tutto nel cinema di Soldati. Mai con un’intensità assoluta (…) come se ci fosse una sorta di pudore/incapacità di marcare con uno stile. Mario SoldatiE forse non è per caso che una parte così importante della sua produzione cinematografica sia costituita da adattamenti letterari: perché il Soldati regista si dissimula volentieri dietro agli autori al cui servizio mette la sua regia, come se il rispetto del romanzo originario diventasse la maschera dietro a cui l’autore cinematografico si sente libero di esprimersi senza compromettersi mantenendo sempre (e torniamo a usare le parole di Ghezzi) il disincanto dello scrittore, dell’autore, del letterato, dell’uomo di cultura, di chi non vuole bere e non vuole farsi bere dal cinema. Perché il cinema, per alcuni intellettuali di quella generazione, era ancora una sorta di arte minore da nobilitare, quando possibile, attingendo alla letteratura e cercando di reinventarne la complessità linguistica con una cura dell’impianto visivo che porta dritti al formalismo senza tuttavia abbandonare la vocazione popolare del mezzo – seguendo modelli stranieri che a partire dal 1938 cominciavano a rarefarsi a causa dei provvedimenti monopolistici progressivamente introdotti dal regime fascista.

Soldati e Bassani a Saturnia
Soldati a Saturnia con Giorgio Bassani

I titoli della rassegna attraversano la carriera cinematografica di Soldati proponendo ben tredici lungometraggi, più un film a episodi di ispirazione pirandelliana (Questa è la vita, del 1954, di cui Soldati diresse un solo segmento – Il ventaglino – scrivendone la sceneggiatura in collaborazione con lo scrittore Giorgio Bassani) e, in chiusura, alcuni titoli firmati solo come sceneggiatore o autore del soggetto.

Questa è la vita

Al cinema, Soldati arriva quasi per caso. Al suo ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, dove ha sperato di affermarsi nell’ambiente universitario, viene invitato dall’amico di famiglia Stefano Pittaluga, responsabile della Cines, a lavorare sul set di un film da lui prodotto, la commedia Figaro e la sua gran giornata (1931) di Mario Camerini, che ricorda così un momento della lavorazione: C’era un pezzo bellissimo, all’inizio della sinfonia di Rossini. Il giorno prima arrivò Mario Soldati dall’America e mi fu affidato come ciacchista. Gli insegnai come si faceva ma siccome Soldati è un tipo estroverso, saltellante, stava sempre in mezzo. Stavamo in un piccolo teatro e Soldati, fatto il ciak, invece di andare dietro al palcoscenico si era appoggiato al muro del teatro, sotto i palchi, e guardava in macchina. Avevo quindi un pezzo, che mi dispiace tanto di aver perso, perché altro che Ridolini e Charlot! Si vedeva la faccia di questo (…) che cercava di sfondare il muro della platea per ficcarsi dentro un palco. Ma sono solo inciampi iniziali: dopo sei o sette giorni stava con me a fare l’aiuto e la collaborazione per la sceneggiatura, perché ho capito chi era e mi è sempre stato di valido aiuto.

Due milioni per un sorrisoNonostante la sua rapida ascesa dalla manovalanza del set alla sceneggiatura, per Soldati il cinema resta un modo per mantenersi mentre persegue la costruzione della sua carriera letteraria. Non mi interessava eccessivamente fare cinema, ricorderà in seguito: ho cominciato a lavorarci perché avevo bisogno di soldi. Il giornalista non lo potevo fare, nè il professore di scuola media, non avendo la tessera del partito. Però è grazie a un produttore romano fascista che avviene il primo avvicinamento alla regia, dapprima in modo quasi virtuale (regie finte, ero scelto per fare la versione italiana di film con doppia nazionalità i quali, per legge, dovevano avere una parte dei collaboratori, attori, tecnici di nazionalità italiana per ottenere il ristorno delle tasse erariali. Ero pagato per non fare niente, o il meno possibile) fino a quando il rifiuto di Camerini non offre l’occasione per un esordio vero e proprio con Dora Nelson (1939),

Due milioni per un sorriso
Due milioni per un sorriso, locandina d’epoca

remake di un omonimo film francese di quattro anni precedente. Sarà l’esperienza sui set di Camerini e Blasetti (o la co-regia con Carlo Borghesio di Due milioni per un sorriso) saranno le regie finte, sarà la rete di sicurezza della commedia originaria di Verneuil (o della versione cinematografica del 1935), ma il film non lascia trapelare alcuna esitazione da opera prima e fila via leggero, divertente e perfino elegante sfruttando su più tavoli l’idea del doppio: storia di una sartina che, sosia di una celebre e capricciosa attrice, viene chiamata a sostituirla sul set e finisce per prendere il suo posto anche accanto al marito, Dora Nelson parte con un piano sequenza di tre minuti che fin dall’inizio mette sul tavolo le carte del gioco degli equivoci, per poi sviluppare il tema con una sottotrama in cui un altro attore, prezzolato da un truffatore, si fa passare per un principe in esilio. 

Piccolo mondo antico
“Piccolo mondo antico”, poster francese

La recensione al film che Cesare Zavattini scrive per Tempo mette però subito a fuoco quella che sarà la questione centrale di tutta la carriera cinematografica di Soldati quando, nel lodare la confezione impeccabile, chiosa poi ma non c’è Soldati. Ai fini commerciali non conta, sappiamo bene che a Hollywood si sono confezionati successi meravigliosi a un talento ‘standard’, sappiamo anche le enormi fatiche incontrate nel ginepraio cinematografico da chi vuol fare secondo il suo genio. Ma adesso Mario Soldati ha incontrato il cuore degli industriali e deve ricordarsi che avrà vinto la battaglia quando applaudiremo un suo film come potremmo applaudire un suo racconto. Il cinema italiano ha bisogno di individualità. Ma il destino ha deciso altrimenti e ha fissato a Soldati un appuntamento con Fogazzaro, scrittore che il giovane regista conosceva ma di cui non avevo letto niente (…) perché era uno degli autori preferiti di mia madre: era una donna molto autoritaria e non leggere i suoi libri per me era una forma di ribellione. Quando gli viene proposto di portare sullo schermo Piccolo mondo antico, Soldati tentenna e poi si butta: Comunque mi dovevo decidere: erano le sei e mezzo del pomeriggio quando firmai il contratto; andai a casa e all’alba avevo finito di leggere il libro, felice di aver letto un libro bellissimo. 

Piccolo mondo anticoIl film viene finanziato da Roberto Dandi (che impone a Soldati di scritturare Alida Valli, che grazie a questo film si affrancherà all’istante dalle commediole in cui rischiava di restare intrappolata) e da una piccola società milanese di cui fanno parte Carlo Ponti, il fotografo Federico Patellani e Alberto Lattuada, che su questo set farà la sua prima aiutoregia (oltre a collaborare alla sceneggiatura) e che ricorda l’incontro in questi termini: prima di prendermi [Soldati] mi aveva fatto una specie di esame durante un viaggio, tra Milano e Torino. Aveva detto a Ponti: “Io non so chi è questo Lattuada, ma devo andare a Torino a vedere gli stabilimenti della FERT e me lo porto dietro per capire che tipo è. Durante il viaggio toccava dei tasti, qua e là, e io rispondevo a fuochi d’artificio, e alla fine del viaggio mi prese.

Piccolo mondo antico
L’uso dell’ambiente: dal set di “Piccolo mondo antico”

Piccolo mondo antico offre a Soldati il primo, vero, grande successo non solo commerciale ma anche critico: perfino il severo Giuseppe De Santis, che poco tempo dopo avrebbe tanto stigmatizzato il cinema di Lattuada, si sbilancia ad apprezzare l’uso sapiente che il regista vi fa delle ambientazioni reali, mai pittoresche e invece partecipi del dramma (al punto che le scene di interni, girate in teatro di posa, appaiono immediatamente più deboli nonostante le ottime performance di quasi tutto il cast). In questo senso, il film riesce ad anticipare di un anno Ossessione ponendosi come una sorta di presagio letterario del Neorealismo – ruolo, tuttavia, tutt’altro che unanimemente riconosciuto, visto che molta critica successiva sceglierà invece di considerare Piccolo mondo antico un prototipo del vituperato calligrafismo.

Tragica notteIntanto Soldati non resta con le mani in mano: il successivo Tragica notte (1942) è un libero adattamento cinematografico del romanzo La trappola di Delfino Cinelli (che lamenta vivacemente le libertà che, rispetto al testo originario, si sono presi gli sceneggiatori, scatenando una polemica di un qualche rilievo), una cupa storia di vendetta agreste che contiene alcune scene da antologia e culmina nello scontro finale fra il guardacaccia Carlo Ninchi e il bracconiere Andrea Checchi. Subito dopo, si torna a Fogazzaro con Malombra (1942), cui pure arride un successo commerciale notevole (anche se non comparabile con quello di Piccolo mondo antico) ma che rispetto al precedente offre al regista materiale di gran lunga più suggestivo: raro esempio di romanzo italiano impregnato di umori esoterici e più propenso a flirtare col soprannaturale che a indagare spiegazioni psicanalitiche, Malombra diventerà per Soldati il suo film preferito, quello, per sua stessa ammissione, girato credendo di più nel cinema. MalombraLa lavorazione costituisce fra l’altro un banco di prova per il talento organizzativo di Dino De Laurentiis. Ricorda Nino Crisman che Dino, dopo dieci giorni, era padrone del set e dopo due settimane inventò il gruppo elettrogeno che ci consentì di girare tutto dal vero in una villa di Como. Insomma, servendosi di un paio di motori di aereo (…) portò corrente sufficiente a illuminare tutti gli interni. Grazie a lui non dovemmo ricostruire nulla in teatro e potemmo avere la meravigliosa prospettiva del lago di Como. E poi ci sapeva fare con tutti. Soldati non riusciva più a tenere a bada Isa Miranda, che era la protagonista del film. Be’, Dino mise sotto anche le

Malombra
Malombra – Il cineracconto illustrato

Per Malombra, in verità, Soldati avrebbe voluto avere di nuovo Alida Valli eppure la Marina della Miranda resta un personaggio memorabile che contribuisce non poco alla forza suggestiva del film, divenuto negli anni un’opera di culto ben più duraturo non solo di quelle precedenti ma anche, a dirla tutta, dei non pochi titoli degli anni seguenti. Le ultime fasi della guerra costringono anche la produzione di Soldati a rallentare, con le riprese di Quartieri alti (1945) interrotte nel 1943 e ultimate solo dopo la Liberazione. In ogni caso il successivo Le miserie del signor Travet (1945) è il primo veramente scelto e voluto da me, girato quando Roma era stata liberata ma al nord c’erano ancora i fascisti. Le miserie del signor TravetLa Lux mi chiese di fare un film e io avevo la sceneggiatura già pronta, scritta alcuni anni prima e bocciata dai fascisti perché si svolgeva nella Torino capitale d’Italia nel 1863 e satireggiava l’ambiente ministeriale, la sua corruzione e i suoi pettegolezzi. La Torino ottocentesca, così com’era rimasta fino ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, viene ricostruita in studio e i personaggi sono tutti piemontesi con la sola, notevolissima, eccezione di Alberto Sordi che faceva la parte di Barbarotti, un personaggio umile, un piccolo sottoposto, e fu molto bravo. Sordi, in realtà, si diverte a basare la sua interpretazione proprio su Soldati che, secondo l’attore romano, era proprio Barbarotti. Da come parlava e come si incazzava, Barbarotti in tutto e per tutto. Dissero che avevo fatto una grande interpretazione ma io, in realtà, non avevo fatto proprio niente, me ne ero stato lì ad osservare Soldati, mi ero ispirato a lui e lo avevo rifatto sullo schermo. 

Fuga in FranciaSia come sia, il regista rimase molto affezionato al film: fu il mio Roma, città aperta: ne sono molto fiero, soprattutto perché ho potuto fare una cosa che i fascisti mi avevano proibito. Travet e Roma, città aperta furono girati contemporaneamente; avevamo le stesse difficoltà per trovare la pellicola, della Dupont ormai vecchia, e dovevamo supplicare gli alleati per averla. Subito dopo, nel rapido risvegliarsi dei ritmi produttivi, Soldati si mantiene per un poco nel solco del film in costume con produzioni importanti e costose come Eugenia Grandet (1947), da Balzac e con un terzo ed ultimo adattamento da Fogazzaro, Daniele Cortis (1947) per poi tentare di sfuggire alla letteratura con un film di ambientazione contemporanea scritto assieme a Ennio Flaiano, Emilio Cecchi e Cesare Pavese. Parliamo di Fuga in Francia (1948), in cui Folco Lulli è un ex gerarca fascista che cerca di sfuggire alle rappresaglie del dopoguerra aggregandosi a un trio di operai che stanno tentando di emigrare oltralpe clandestinamente.

Donne e brigantiLa combinazione di due temi così importanti non indebolisce la tenuta drammatica del film che, tuttavia, all’epoca è forse troppo lontano dai generi cui Soldati viene associato da critica e pubblico e non riscuote il successo sperato. Qualcuno lo definisce addirittura un tentativo di cronaca frustrato dalla mancanza di ispirazione e dal continuo intervento della retorica letteraria e ci vorranno decenni per una seria rivalutazione critica. Nel frattempo, il regista si è rivolto verso una produzione più commerciale realizzando commedie come Quel bandito sono io (1950, da una commedia di Peppino De Filippo ma realizzato in coproduzione con la Gran Bretagna e con un cast che include la futura Miss Marple Margaret Rutherford), avventure di cappa e spada di ispirazione più o meno storica (fra cui Donne e briganti, 1950, con Amedeo Nazzari nel ruolo di Fra Diavolo) o apertamente salgariana (e vale la pena di citare I tre corsari, del 1952, e Jolanda, la figlia del corsaro nero del 1953). Ormai Soldati si ritiene, cinematograficamente parlando, soprattutto un artigiano versatile e senza trasporto nè snobismi, al punto di non disdegnare due ingaggi come regista della seconda unità per altrettante coproduzioni internazionali girate in Italia, il Guerra e pace (1956) diretto da King Vidor e prodotto da Ponti e De Laurentiis e addirittura Ben Hur (1959) di William Wyler: è vero che si tratta di film di visibilità planetaria ma che un regista così affermato si presti a parteciparvi in ruoli così di secondo piano è fenomeno più unico che raro.

I tre corsariJolanda la figlia del corsaro neroPolicarpo ufficiale di scrittura

Oltre a La provinciale (1953), tratto da un racconto di Moravia  e interpretato da Gina Lollobrigida nel ruolo di una sorta di Madame Bovary all’italiana, l’unico altro film di Soldati che meriti qualche riga è anche il suo ultimo lungometraggio, Policarpo, ufficiale di scrittura (1959), commedia arricchita da un uso intelligente e raffinato del colore (grazie anche alle scenografie di Flavio Mogherini e ai costumi di Piero Tosi), interpretata da comici di razza come Renato Rascel e Peppino De Filippo. Il film è vicino alle atmosfere del Signor Travet – una satira maliziosa della borghesia nella Roma umbertina – ma segna anche l’addio di Soldati al cinema: da ora in poi, il regista si ritira finalmente nell’ombra, lasciando in primo piano lo scrittore e, dopo alcune fortunate esperienze (Viaggio nella valle del Po, alla ricerca dei cibi genuini, nella stagione 1957-58, seguito da Chi legge? nel 1960, insieme a Zavattini), l’autore e conduttore televisivo. 

Mario SoldatiProprio come assaggio di quest’ultima incarnazione di una personalità poliedrica ed elegantemente estroversa Rai Movie propone, per introdurre l’ultima parte di questo corposo omaggio, il breve documentario Orta mia (1960), esempio breve di come il Soldati televisivo si mettesse brillantemente in scena in prima persona trasformandosi con successo da narratore dietro le quinte a personaggio. A questo frammento, disponibile anche direttamente nel video qui sotto, seguono infine come extra di lusso ben quattro titoli diretti rispettivamente dal “maestro” Mario Camerini, dal collega e collaboratore dei primi tempi Renato Castellani e, infine, da Franco Giraldi: perché se Soldati aveva deciso di essere, prima di tutto, uno scrittore, ci è parso giusto ricordarlo anche solo come sceneggiatore e soggettista.

Originariamente scritto per blog.raimovie.rai.it

I film di Mario Soldati previsti in rassegna:

11 agosto – Due milioni per un sorriso (1939)
12 agosto – Dora Nelson (1940)
13 agosto – Piccolo mondo antico (1941)
14 agosto – Tragica notte (1942)
15 agosto – Malombra (1942)
16 agosto – Quartieri alti (1945)
17 agosto – Le miserie del signor Travet (1945)
18 agosto – Fuga in Francia (1948)
19 agosto – Quel bandito sono io (1950)
20 agosto – Donne e briganti (1950)
21 agosto – I tre corsari  (1952)
22 agosto – Jolanda la figlia del corsaro nero (1953)
23 agosto – Questa è la vita (1954, episodio Il ventaglino)
24 agosto – Policarpo ufficiale di scrittura (1959)
25 agosto – Orta mia (1960, cortometraggio)
                    Una romantica avventura (di Mario Camerini, solo co-sc)
26 agosto – Un colpo di pistola (1942, di Renato Castellani, solo co-sc)
27 agosto – Mio figlio professore (1946, di Renato Castellani, solo attore)
28 agosto – La giacca verde (1979, TV movie di Franco Giraldi, solo soggetto)

Extra:

“Orta mia” su YouTube:

“Donne e briganti” su Video Rai.TV:

“Eugenie Grandet” su YouTube:


Bibliografia:

Emiliano Morreale (a cura di): Mario Soldati e il cinema (Roma, 2009)

John Wakeman (a cura di): World Film Directors volume one 1890*1945 (New York, 1987)

Alfonso Canziani (a cura di): Cinema di tutto il mondo (Milano, 1978)

Franca Faldini e Goffredo Fofi (a cura di): L’avventurosa storia del cinema italiano 1935-1959 (Milano, 1979)

AA.VV.: Filmlexicon degli autori e delle opere (Roma, 1958-1971)

Jack Davis, “Il lungo addio”

The Long Goodbye - Poster di Jack Davis

Devo veramente scrivere qualcosa? Ma sì, due righe, giusto come pretesto per condividere questo favoloso poster di cui, fino a mezz’ora fa, ignoravo l’esistenza. Gli è che stavo aggiornando, come ogni giorno, la pagina Facebook di Rai Movie e, alla ricerca di un’immagine per lanciare Il lungo addio di Robert Altman, che trasmettiamo oggi in seconda serata nel ciclo I magnifici Settanta, sono inciampato nel tratto familiare di Jack Davis, una delle colonne portanti della rivista satirica americana Mad Magazine.

Nata nel 1952 da un’intuizione di William M. Gaines, Mad ha messo alla berlina decenni di moda, politica e cultura americana e fra gli innumerevoli bersagli di uno spirito parodistico surreale ed eccessivo il cinema è sempre stato in prima linea: praticamente non c’era fascicolo della rivista che non contenesse almeno una ferocissima presa in giro a fumetti del successo cinematografico del momento. Il format era praticamente sempre lo stesso: una splash page iniziale affollatissima seguita da quattro o cinque pagine che ripercorrevano tutto il film, tutto fittamente fumettato con balloon rigidamente rettangolari e un lettering tipografico divenuto ben presto uno dei marchi distintivi della rivista. Gli autori dei disegni delle Mad Movie Satire(s) variavano di volta in volta – ma i miei preferiti sono sempre stati Mort Drucker e, appunto, Jack Davis.

Hoohah! - La prima volta di Davis a Mad
Hoohah! – Davis debutta su Mad

A Mad, Davis c’era già fin dal primissimo numero, quando ancora la rivista usciva in un formato comic book, era pubblicata a colori e conteneva praticamente solo storie a fumetti: con Gaines collaborava già dal 1950, illustrando fumetti di guerra, horror, noir e di fantascienza, e il passaggio di Mad al bianco e nero, l’aumento dei redazionali (pur sempre riccamente illustrati) e le variazioni alla periodicità non sono mai diventati un limite alla sua strepitosa versatilità artistica. Che, negli anni Sessanta, si estende dal fumetto alla pubblicità e anche al manifesto cinematografico. La prima occasione è Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo di Stanley Kramer, forse il primo esempio di kolossal comico all’americana, affollato di azione delirante e di star celeberrime come una pagina della rivista di Gaines (e nel cui titolo originale la parola mad ricorre ben quattro volte).

Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo - poster di Jack Davis

Negli anni seguenti, il tratto inconfondibile di Jack Davis viene chiamato a illustrare i poster di diversi film, in genere con l’obiettivo esplicito di evidenziarne la natura pop. Per una piccola rassegna, siete invitati a visitare la galleria dedicata all’argomento nel sito ufficiale dell’autore, www.jackdavisfoundation.org. Quello disegnato per Il lungo addio, però, ha evidentemente una marcia in più: non è un poster ma una vera e propria splash page, simile, fino al lettering e al formato dei balloon (addirittura incastrati uno nell’altro in dialoghi a botta e risposta) a quelle delle parodie di Mad.

The Long Goodbye - il poster originale
The Long Goodbye – poster originale

Una scelta abbastanza estrema nata, a quanto ho scoperto con una veloce indagine, in un momento di disperazione della United Artists in seguito all’accoglienza assai tiepida che critica e pubblico avevano riservato al film di Altman dopo una prima, limitata, fase di distribuzione. Dopo aver valutato l’idea di ritirare il film dalla circolazione, e addirittura di rimontarlo, la UA decise invece di valutare più analiticamente i motivi dell’insuccesso giungendo alla conclusione che l’errore stesse nell’aver cercato di venderlo come un noir tradizionale, trascurando completamente il lavoro di decostruzione che Altman, pur affiancato da una sceneggiatrice di estrazione classica come Leigh Brackett (che, va ricordato, aveva già sceneggiato Chandler ne Il grande sonno di Hawks, uno dei noir quintessenziali degli anni Quaranta) aveva fatto sul genere.

La nuova campagna di lancio del film punta perciò sull’anticonformismo spinto del film, vendendolo come una parodia. Il dialogo potrebbe uscire tranquillamente da una pagina di Mad. Ecco la nostra star, Elliott Gould! esclama Altman: Elliott interpreta Philip Marlowe, un detective privato duro e cinico che cerca di risolvere un mistero incredibile! Elliott Gould appare dubbioso: Con tanti attori disponibili, perché hai scelto me? E Altman ribatte: QUESTO è il mistero! Così, chi all’epoca avesse pensato di recarsi al cinema a vedere un Marlowe assimilabile a quello reso immortale da Humphrey Bogart poteva ritenersi avvertito che era meglio non aspettarsi lo stesso tipo di eroe tutto d’un pezzo. La strategia, sostenuta da un investimento pubblicitario di 40.000 dollari, funzionò egregiamente, rilanciando Il lungo addio al punto da farlo comparire nella lista dei 10 migliori film dell’anno secondo il New York Times. Del cambio di rotta si prese il merito Altman, facendo andare su tutte le furie David Picker, l’allora capo della United Artists, che era stato fra i principali sostenitori della coppia Gould-Altman: Trovo che nei confronti della United Artists e soprattutto nei miei Altman si sia comportato in modo incomprensibile. Si prese il merito di qualcosa che avevamo fatto noi. Parlo di tutto il modo in cui il film fu distribuito. A me il film piaceva molto e trovavo che i nostri responsabili del marketing avessero sbagliato completamente la distribuzione. Fui io a ritirarlo e a ordinare una campagna di marketing tutta nuova, e Altman se n’è preso il merito. Non ha avuto il garbo di riconoscercelo, e io l’ho mandato affanculo.

E Jack Davis? Ha continuato  disegnare imperterrito per altri quattro decenni e oltre, fino alla bella età di 90 anni: il suo addio alla penna è stato breve e recentissimo, nel dicembre 2014. Non sono (più) soddisfatto del mio lavoro. Sono ancora in grado di disegnare, ha dichiarato l’artista a Wired in un’intervista telefonica dalla sua casa in campagna, è solo che non riesco più a farlo come una volta. Con una carriera durata 65 anni ci si può anche stare.

 

EXTRA:

Un articolo di Adam Curry sulla storia dei poster di Il lungo addio (in inglese)

Arbor Day – da Mad Magazine #227 Jack Davis alle prese con lo slasher film anni Ottanta

The Long Goodbye - Poster di Jack Davis
Versione tagliuzzata del poster che inizialmente avevo messo in apertura di questo post

Alberto Lattuada, dieci anni dopo

Alberto LattuadaScomparso il 3 luglio di dieci anni fa all’età di 91 anni, Alberto Lattuada era in effetti praticamente sparito dalle scene una decina di anni prima, dopo aver firmato un paio di lavori televisivi, essere comparso in un breve ma incisivo cammeo nel film Il Toro (1994) di Carlo Mazzacurati ed essere stato oggetto di un affettuoso ritratto da parte di Daniele Luchetti. Che oggi il suo nome venga ricordato così di rado è forse il destino inevitabile di un regista che, pur rivestendo un ruolo centrale attraverso 45 anni di cinema italiano ha sempre evitato la tentazione di allinearsi alle tendenze via via in voga nell’industria e che, come ha scritto Callisto Cosulich nell’introduzione del libro I film di Alberto Lattuada (Gremese, 1985), “mai si è abbandonato ai capricci d’autore, ritenendosi anzitutto un servitore del pubblico”.

L'educazione fisica delle fanciulleA questo autore eclettico (ma sempre molto attento a quanto si diceva di lui, e premuroso nel contribuire personalmente a evidenziare le linee tematiche che percorrevano la sua filmografia – riaffermando, in interviste e scritti, come nella varietà della sua produzione non mancasse mai una coerente fedeltà ad argomenti come “il culto della bellezza, la simpatia istintiva per gli umiliati e offesi (…), la fobia nei confronti dell’ipocrisia borghese, della repressione sessuale, dell’avidità capitalistica”) Rai Movie dedica quest’estate un omaggio articolato in ben dieci film, collocati nella fascia mattutina ma anticipati stasera alle 23.35 da un fuori programma di prestigio come L’educazione fisica delle fanciulle (2005), adattamento da Wedekind che avrebbe dovuto essere il suo ultimo film come regista e fu invece diretto dall’inglese John Irvin.

Sul set di "La freccia nel fianco"Figlio di Felice Lattuada (autore di musica sinfonica, da camera e operistica, ma anche compositore di numerose colonne sonore per registi come Gennaro Righelli, Mario Camerini e Alessandro Blasetti), Alberto trova la sua vocazione già a otto anni, dietro le quinte della Scala, e scopre giovanissimo il potere degli artifici dello spettacolo: si costruisce in casa un teatrino giocattolo per il quale realizza diverse scenografie, ed è probabile che nasca da qui l’idea che lo porterà, dieci anni più tardi, a iscriversi alla facoltà di architettura. Ma l’interesse del giovane per la cultura si sviluppa su più tavoli: ai tempi del liceo, insieme ad Alberto Mondadori, fonda il periodico Camminare, cui segue, negli anni dell’università (e in collaborazione stavolta con Ernesto Treccani), Corrente. Entrambe le pubblicazioni sono alquanto critiche nei confronti di fascismo e futurismo e testimoniano come la reticenza di Lattuada a sentirsi parte delle tendenze in voga abbia radici profonde. Intanto, il suo anticonformismo si esprime anche attraverso la poesia, la narrativa e un crescente interesse per la fotografia, mentre gli studi di architettura ancora in corso vengono messi in pratica sin dal 1933, anno in cui Lattuada cura le scenografie del cortometraggio Il cuore rivelatore (1934), diretto da Mondadori insieme a Mario Monicelli  e ispirato al racconto di Edgar Allan Poe.

È solo l’inizio di una serie di collaborazioni via via più prestigiose che lo portano dal ruolo di consulente al colore per il primo esperimento italiano di film a colori (Il museo dell’amore di Mario Baffico, 1935) a cosceneggiatore di registi affermati come Mario Soldati (Piccolo mondo antico, 1940) e Ferdinando Maria Poggioli (Sissignora, 1942). Tutto ciò senza trascurare un’attenzione da precursore alla conservazione del cinema del pur recente passato: assieme a Luigi Comencini e Mario Ferreri, è Lattuada a porre le basi della futura Cineteca Italiana, creando a Milano il primo archivio di pellicole.

Alberto-Lattuada-sul-set-della-Lupa-di-Federico-PatellaniLo spirito anticonformista del neolaureato si estrinseca in altre disavventure. Nel Maggio 1940, alla Triennale di Milano, il gruppo di Lattuada organizza un piccolo festival impuntandosi sulla proiezione di La Marsigliese (1937) di Jean Renoir. Nel mese dell’invasione tedesca della Francia, la proiezione scatena, sulla scena clou del canto dell’Inno Nazionale francese, applausi di solidarietà, cori a scena aperta e un pronto intervento della polizia, a cui Lattuada riesce a sfuggire scappando da un lucernario nella cabina di proiezione e trasferendosi a Roma. Nel 1941, altri problemi nascono da un volume di fotografie intitolato Occhio quadrato, che gli porta un’accusa di aver voluto mostrare solo le imperfezioni del regime e non le grandezze. Magari è proprio questo uno dei motivi che portano Lattuada a scegliere, per il suo esordio alla regia con Giacomo l’idealista (1942, da un romanzo di Emilio De Marchi), uno stile apparentabile a quel calligrafismo di cui Giuseppe De Santis accusava anche i citati film di Soldati e Poggioli: tanto che gli strali di De Santis non mancano di appuntarsi anche sul film che, nel contesto dell’imminente fioritura del cinema neorealista, gli appare come una intollerabile regressione.

Alanova e Cesare Barbetti in "La freccia nel fianco"Di Giacomo l’idealista si parla comunque abbastanza da ricordare alle autorità i tafferugli della Marsigliese, costringendo Lattuada a vedersi rifiutare numerosi progetti (variamente ispirati a Moravia, Stevenson, Dostoevskij e Matilde Serao) prima di approdare all’opera seconda. La lavorazione di La freccia nel fianco (1945), prodotto da Carlo Ponti e con Vittorio Gassman come protagonista maschile, inizia nel 1943 in un momento storico particolarmente delicato: il giorno dopo l’Armistizio dell’8 settembre, mentre il Paese entra nel caos, anche la troupe si scioglie e le riprese si interrompono mentre le truppe alleate risalgono lungo il Paese. Quando Lattuada riprende a girare, Gassman si è da tempo rifugiato in una sua casa al nord e viene quindi rimpiazzato da Leonardo Cortese (l’aiuto regista Jone Tuzi, che prende in mano il film solo in questa fase, ricordava anche: “C’erano scene già girate: in una Gassman su un treno che si allontanava… Poi c’era gente che era dimagrita, c’era gente che era ingrassata…”). Le riprese si concludono a novembre 1944, nella Roma ormai liberata – ma ci vuole un anno ancora prima che il film trovi finalmente uno sbocco nelle sale cinematografiche. È un’opera ancora acerba, che tuttavia già mostra l’interesse del regista per il tema dell’amore giovane, centrato com’è sul rapporto tormentoso (e destinato a un esito tragico dieci anni più tardi) fra un dodicenne e una ragazza che ha appena raggiunto la maggiore età.

BanditoBanditoÈ con questo titolo che, il 1 agosto, si apre la rassegna di Rai Movie, che prosegue il giorno dopo con Il bandito (1946), non adattamento ma soggetto originale che Lattuada firma insieme a cinque collaboratori e che apre almeno in parte al Neorealismo raccontando il dramma di un reduce della Guerra appena conclusa. Interpretato da due divi come Amedeo Nazzari e Anna Magnani (cui si affianca Carla Del Poggio, moglie del regista) e prodotto da un Dino De Laurentiis agli inizi della sua carriera di produttore, il film viene girato da Aldo Tonti con una macchina da presa muta e solo in seguito sonorizzato: una sorta di divaricazione produttiva che rispecchia anche la duplice natura della vicenda narrata, avviata in un clima di rigoroso realismo ma progressivamente condotta verso il melodramma – fino a un finale tragico che a qualcuno ha ricordato addirittura il realismo poetico francese di Carné e Prevert.

Il delitto di Giovanni EpiscopoVisto da molti come un nuovo passo indietro verso il calligrafismo, Il delitto di Giovanni Episcopo (1947) nasce in realtà soprattutto dal desiderio di compiacere Aldo Fabrizi nella sua intenzione di proseguire sulla strada del dramma – anche in seguito alla fortuna di Roma città aperta. Ricordava Suso Cecchi D’Amico che l’attore in quel momento era di una popolarità estrema, nei limiti del cinema italiano di allora. Enorme. Era un impegno abbastanza pesante quello di fare untentativo drammatico con lui. Non potevi farlo solo sentimentale-eroico, che aveva già fatto con Roma città aperta, in modo insuperabile come chiave. Cercammo di fare una cosa più complessa. Storia di disperazione e solitudine (sulla scorta di un romanzo di Gabriele D’Annunzio adattato da Lattuada insieme allo stesso protagonista, la Cecchi D’Amico, Federico Fellini e Piero Tellini) il film stentò a trovare un suo pubblico ma portò premi importanti sia al protagonista che al regista (rispettivamente, un premio speciale a Venezia per Fabrizi e un Nastro d’argento a Lattuada), oltre ad avviare a una più che rispettabile carriera italiana la greca Yvonne Sanson.

Senza pietàCon Senza pietà (1948), comunque, Lattuada torna a esplorare la sua personale via verso il Neorealismo, modificando insieme a Pinelli e Fellini un soggetto di Ettore Maria Margadonna intitolato Goodbye Otello e centrato sull’amore fra un soldato afroamericano e una prostituta (Carla Del Poggio). Come e più che ne Il bandito, un’accurata analisi ambientale tipica della poetica neorealista si combina con una meticolosa cura formale, con fotografia sul filo dell’Espressionismo di Aldo Tonti  e un fatalismo narrativo che ancora una volta richiama il cinema francese d’anteguerra. Per iniziativa del produttore Carlo Ponti, il film viene girato a Tombolo, vicino a Livorno, e la finzione cinematografica flirta spesso con la realtà degli autentici militari americani acquartierati nella zona (scatenando fra l’altro una celebre rissa in cui Lattuada si batte senza risparmiarsi – Avevano offeso Carla e io ho voluto prendere le sue parti – affiancato e difeso da Folco Lulli) ma anche con la mala livornese, che consente alla troupe di proseguire solo dopo una sorta di trattativa personale con Lattuada stesso. Del film, in programma il 4 agosto, Rai Movie propone una copia recentemente restaurata.

Il mulino del Po

Nuovamente di ispirazione letteraria sarà il successivo Il mulino del Po (1949), tratto dal romanzo di Riccardo Bacchelli e vero e proprio racconto corale con tre storie parallele sullo sfondo delle lotte dei braccianti nell’agro padano di fine Ottocento. Per questa operazione che, pur ambientata nel passato, coniuga il Neorealismo con le esperienze del Formalismo sovietico (e che per qualcuno è destinata a restare il capolavoro di Lattuada) la Lux assicura un budget rispettabile che consente la ricostruzione dal vero del mulino titolare (ricordava Aldo Tonti: Ci fu la piena del Po, che si trascinò via tutto il mulino con sè, ma questo era previsto, e girammo una scena molto impressionante) ma che non impedisce alla lavorazione di approfittare dei contributi estemporanei offerti dalla natura (ancora Tonti: Un giorno si scatenò un temporale, anche questo previsto e quindi bene accetto, in una scena di mietitura, e la povera Carla ci dette sotto animatamente, in mezzo all’infuriare degli elementi, ma non avevamo previsto un fulmine, Il mulino del Po, flano del 21 ottobre 1949che si scaricò proprio sulla sua falce, scaraventandola a terra in un boato assordante) e il film rivela per la prima volta apertamente la propensione del regista per la passione amorosa, con una scena per l’epoca abbastanza intensa fra Leda Gloria e Giacomo Giuradei. All’uscita, però, l’accoglienza è critica sia da destra che da sinistra. Ricordava Lattuada che da sinistra, dicevano, non avevo risolto con una indicazione precisa la strada da seguire; da destra perché avevo girato uno sciopero talmente provocatorio, per l’epoca, eravamo nel ’48, per cui nei cinema l’aria vibrava di una tensione simile a quella di quelle scene, piuttosto cocente. In quel momento, insomma, ho e sono orgoglioso di avere scontentato un po’ tutti, perché avevo presentato in pratica la condizione dell’Italia.

Anna

Non si vive però di solo orgoglio e soprattutto per questo (dopo aver contribuito a lanciare la carriera registica di Federico Fellini condividendo con lui la paternità di Luci del varietà, che nasce da una collaborazione fra i due ma sul cui set è Lattuada a chiamare l’azione) il regista accetta consapevolmente un prodotto su commissione che lui stesso definirà scherzosamente cinico-farmaceutico: nato come veicolo per Silvana Mangano, Anna (1951) è sostanzialmente un fumettone con struttura narrativa da romanzo d’appendice, nato da un preciso calcolo commerciale (abbiamo la Mangano, vediamo se spogliandola e vestendola poi da suora, facendole fare il male e il bene…) e attentamente calibrato per andare incontro ai gusti del pubblico seguendo schemi collaudati: l’amore contrastato e il sacrifico occulto finale, due grandi cardini dentro i quali si può mettere una gran parte della storia della letteratura. La doppia faccia della Mangano aveva il corrispettivo, sdoppiato, nell’onestà di Vallone e nella perversità di Gassman. Seguendo lo schema un po’ di Riso amaro, che li aveva lanciati. La cosa funziona oltre ogni più rosea aspettativa: Anna incassa oltre un miliardo di lire dell’epoca. 

La spiaggia

Da questo momento in poi, la carriera di Lattuada prosegue fra adattamenti letterari più (Il cappotto, del 1952, da Gogol) o meno (La lupa, 1953, da Giovanni Verga) riusciti per arrivare con La spiaggia (1954) alla scoperta del colore con una commedia drammatica che muove direttamente all’attacco del perbenismo borghese: ne è protagonista Martine Carol nel ruolo di una ex prostituta accolta benevolmente dai villeggianti della località balneare in cui trascorre una vacanza con la figlia fino al giorno in cui questi scoprono i suoi trascorsi, facendole immediatamente il vuoto attorno. Scritto insieme a Rodolfo Sonego e Luigi Malerba, La spiaggia fa il contropelo all’ipocrisia del Paese alle soglie del boom e per Lattuada scatena le prime serie grane con la censura perché, come ricordava il regista,  avevo sovvertito i termini, i canoni di una certa morale. La puttana era brava e buona, e le donne borghesi, sposate, erano delle false, ipocrite che passavano la settimana scopando coi bagnini e poi accoglievano i mariti il sabato. La concessione del nullaosta viene condizionato a qualche taglio così minuscolo (un’apparizione sotto la doccia di Valeria Moriconi ma anche all’apparizione del quotidiano l’Unità) da apparire pretestuoso e finalizzato solo a giustificare il lungo stop imposto alla pellicola prima di essere distribuita.

I dolci inganni

Nuovamente in bianco e nero, Scuola elementare esce nello stesso anno e, nel descrivere le peripezie di un maestro meridionale che si trasferisce a Milano e tenta di mettersi in affari con un amico bidello, riesce ad essere qualcosa di più che un mero veicolo per la coppia di comici Billi e Riva, catturando come in una sorta di capsula temporale, scorci di una Milano che si avvia verso il miracolo economico ed è già percorsa dalle avvisaglie dell’avidità, l’arrivismo e la sfrenata corsa al consumo che si svilupperanno di pari passo con il PIL nazionale.

Con Guendalina (1957), Lattuada si conferma autore particolarmente sensibile alla bellezza femminile rivelando un tocco lieve e non morboso anche nell’esplorazione dei primi turbamenti erotici. Il tema, dopo la parentesi storico-avventurosa di La tempesta (1958, prodotto da un De Laurentiis ormai lanciato nell’industria cinematografica con Silvana Mangano affiancato da un cast internazionale), viene sviluppato in chiave più psicologicamente approfondita in I dolci inganni (1960), che lancia Catherine Spaak nella parte di una giovinetta alle prese con esplorazioni sentimentali che non ne sfiorano l’innocenza anche quando si rivelano errori di percorso.

Lettere di una noviziaLettere di una novizia

Tutto il resto della carriera di Lattuada continuerà ad alternarsi fra i due filoni chiaramente delineati in questa rassegna e che il regista stesso semplificava come segue: film tratti da opere letterarie, che però possono ancora dare una lezione al pubblico che li vede oggi, e quello, che va dal Bandito ai Dolci inganni a Scuola elementare, ecc. ecc. di aderenza alla vita contemporanea, di ritratto di cose che io vedo. L’omaggio di Rai Movie si conclude con Lettere di una novizia (1960) che in qualche modo ben sintetizza entrambi i filoni sopra descritti. Dramma fortemente critico sui guasti dell’ipocrisia borghese e di una religiosità di facciata, tratto da un romanzo epistolare pubblicato quasi 20 anni prima da Guido Piovene, il film non fa sentire i due decenni trascorsi per i motivi spiegati dallo stesso Lattuada: Ci sono problemi che si esauriscono nel tempo storico in cui vengono posti, e ci sono invece problemi senza tempo che si ripropongono oggi come ieri. In questo secondo caso si accende in me l’interesse. Ho bisogno insomma che un’opera letteraria mi metta in vivo rapporto con la mia realtà, con la realtà dei nostri giorni. Altrimenti la molla per il film non scatta. Facciamo un esempio: Lettere di una novizia di Piovene. Nel libro c’è, ben disegnata, una certa ipocrisia della provincia che nasconde un delitto perché la famiglia deve conservare intatto il suo volto esteriore e apparente, verniciato di rispettabilità. Attraverso il libro ho riscoperto l’ipocrisia della provincia di oggi e l’ho rivissuta nel mio film.

I film di Alberto Lattuada previsti in rassegna
1 agosto – La freccia nel fianco (1945)

2 agosto – Il bandito (1946)

3 agosto – Il delitto di Giovanni Episcopo (1947)

4 agosto – Senza pietà (1948)

5 agosto – Il mulino del Po (1949)

6 agosto – Anna (1951)

7 agosto – La spiaggia (1954)

8 agosto – Scuola elementare (1954)

9 agosto – I dolci inganni (1960)

10 agosto – Lettere di una novizia (1960)

(scritto originariamente per raimovie.blog.rai.it)

 

EXTRA:

“La freccia nel fianco”, la lavorazione (sul blog Bertinifilm): https://bertinifilm.wordpress.com/2015/07/29/la-freccia-nel-fianco-di-alberto-lattuada-1943-1945/

“Il Bandito” su YouTube:

“Il delitto di Giovanni Episcopo” su YouTube:

 

Bibliografia:

John Wakeman (a cura di): World Film Directors volume one 1890*1945 (New York, 1987)

Alfonso Canziani (a cura di): Cinema di tutto il mondo (Milano, 1978)

Franca Faldini e Goffredo Fofi (a cura di): L’avventurosa storia del cinema italiano 1935-1959 (Milano, 1979)

AA.VV.: Filmlexicon degli autori e delle opere (Roma, 1958-1971)

Christopher Lyon (a cura di): The International Dictionary of Films and Filmmakers Volume II: Directors/Filmmakers (Chicago, 1984)

Callisto Cosulich: I film di Alberto Lattuada (Roma, 1985)

Any Day Now – really!

Any Day Now - posterIl 10 ottobre 2014, su Rai Movie andava in onda, in prima TV assoluta, un piccolo film americano che risaliva già a un paio di anni prima. Si intitolava “Any Day Now” e raccontava una storia tristissima: quella di una coppia di omosessuali che nel 1979 tentava di adottare un ragazzo down, abbandonato al suo destino dai genitori biologici, ma si scontrava coi pregiudizi e l’ipocrisia di una nazione che, a oltre un decennio dagli anni della contestazione, ancora non era disposta ad accettare l’amore fra due persone dello stesso sesso.

Di quel film, in redazione, ci eravamo subito innamorati pur essendo partiti al massimo del prevenuto. Capirai, pensavamo, un film ricattatorio e propagandistico che ti fa sentire in colpa se lo guardi con sufficienza perché rifiutarlo diventa un pochino (oh, solo un pochino, ma che può essere più che abbastanza) come se non ne volessi condividere i principi. Poi, però, vedendolo, io prima e il mio collega poi ci siamo rapidamente ricreduti e abbiamo fatto tutto il (poco) che era in nostro potere perché “Any Day Now” riuscisse a navigare indenne attraverso i mille e mille ostacoli che sempre si frappongono fra il momento in cui indichiamo un titolo fra i desiderata del canale  e quello in cui esso diventa effettivamente disponibile per i nostri palinsesti.

Any Day Now - Garrett Dillahunt e Alan Cummings

Secondo gli standard abituali, “Any Day Now” (il cui titolo significa “un giorno o l’altro” e va inteso come speranza che qualcosa cambi) non è un capolavoro: non cerca e non trova soluzioni linguistiche innovative, non parla per metafore ma va dritto al punto drammatico della storia che racconta – un copione ispirato a una storia vera ma che, significativamente, era rimasto per 30 anni nel cassetto del suo autore. Però lo fa in modo sensibile, non dimostrativo e soprattutto senza mai perdere di vista il tema centrale. Che non è il diritto a volersi bene (e a voler bene) di una coppia omosessuale in quanto tale, ma il diritto a volersi bene (e a voler bene) punto e basta.

#LoveWins Ambientato negli ultimi mesi degli anni Settanta, “Any Day Now” ci ha messo tre decenni a diventare un film e due anni ancora per arrivare in Italia. Però, in un giorno in cui la Casa Bianca colora il suo profilo Facebook con l’arcobaleno della tolleranza, con Barack Obama che dal suo account Twitter @POTUS lancia l’hashtag #lovewins, sono particolarmente contento di aver avuto un piccolo ruolo nel portare un film del genere in Italia. Almeno negli Stati Uniti, dopo la decisione di stamane della Corte Suprema, non si deve più dire “un giorno o l’altro”. Si può dire “oggi”.

EXTRA:

Sul blog di Rai Movie, il post con cui lanciavamo “Any Day Now” al suo primo passaggio TV

La mia scheda su “Any Day Now” su Letterboxd (in inglese): lo avevo visto il 2 luglio del 2013, tanto per dire i tempi che ci vogliono fra quando scegli un film e quando riesci a trasmetterlo.

Il post sulla mia bacheca Facebook e su quella di Rai Movie 

Le 10 cose da sapere prima di andare al festival [edizione Roma 2014]

  1. Procuratevi il catalogo: i film (in buona parte) non sono ancora stati visti da nessuno e non troverete ancora recensioni sui giornali o su internet.
  2. Scegliete i film in base al regista e non all’attore. Ne sarete sicuramente più soddisfatti.
  3. Rischiate fidandovi del vostro intuito: potrete sempre uscire prima dalla sala ma, se il film è bello, proverete il gusto di scoprire qualcosa che nessuno ha mai visto.
  4. Non escludete a priori le retrospettive. Ci sono film bellissimi che solo a un festival potete vedere in sala.
  5. Portatevi acqua e panino da casa se non volete passare ore in fila al chioschetto del kebabbaro – o prendere al bar un tramezzino che costa come un’aragosta.
  6. Niente tappeti rossi… e per favore non chiamiamolo red carpet.
  7. Non chiedete i biglietti gratis. Se qualcuno ne avrà sarà ben contento di darveli senza che voi dobbiate chiederli. Sono loro che cercano il pubblico, non voi che cercate i biglietti.
  8. Non chiedete autografi, ma se proprio non potete farne a meno vedete prima il film.
  9. Quanto siete in fila, non scoraggiatevi per l’attesa. È lì che incontrerete altri come voi per scambiare idee sui film visti o dritte su quelli da vedere. Il festival è quello.
  10. Non trascurate i vostri affetti. È solo un festival  🙂

Un disegno di Mario Bava

È passato oltre un anno dall’ultima volta che ho aggiornato questo blog – colpa del lavoro, della pigrizia e dell’infernale seduzione del microblogging di Facebook. Non prometto di riprendere di buona lena, ma vorrei almeno provare a recuperare un poco, e il pretesto è questa scansione di una vecchia fotocopia a colori.L’originale appartiene a Daria Nicolodi, che mi permise di fotocopiarla quando la intervistai su “Opera” per Mad Movies. Il direttore Jean-Pierre Putters decise di non pubblicare questa immagine e credo che non sia ancora stata mai vista. È una caricatura della Nicolodi in Shock, l’ultimo film di Bava per il cinema. Il ragazzino è il figlio della protagonista, e nel disegno l’attrice subisce simultaneamente tutte le torture che le sono inflitte nella storia.

Il disegno nasconde un private-joke fra l’attrice e Bava stesso: secondo la Nicolodi, il produttore Turi Vasile non la riteneva la scelta ideale per la protagonista, e le fece provare decine di pettinature diverse, mentre Bava era disposto a lasciare a lei la scelta. Alla fine, Vasile avrebbe chiesto di far doppiare l’attrice ritenendo la sua voce troppo mascolina. Nell’originale del disegno, quindi, la foto che la Nicolodi tiene in mano è ritagliata su tre lati. Sollevandola, si legge la scritta “Mamma, ti debbo doppiare”.