Jack Davis, “Il lungo addio”

The Long Goodbye - Poster di Jack Davis

Devo veramente scrivere qualcosa? Ma sì, due righe, giusto come pretesto per condividere questo favoloso poster di cui, fino a mezz’ora fa, ignoravo l’esistenza. Gli è che stavo aggiornando, come ogni giorno, la pagina Facebook di Rai Movie e, alla ricerca di un’immagine per lanciare Il lungo addio di Robert Altman, che trasmettiamo oggi in seconda serata nel ciclo I magnifici Settanta, sono inciampato nel tratto familiare di Jack Davis, una delle colonne portanti della rivista satirica americana Mad Magazine.

Nata nel 1952 da un’intuizione di William M. Gaines, Mad ha messo alla berlina decenni di moda, politica e cultura americana e fra gli innumerevoli bersagli di uno spirito parodistico surreale ed eccessivo il cinema è sempre stato in prima linea: praticamente non c’era fascicolo della rivista che non contenesse almeno una ferocissima presa in giro a fumetti del successo cinematografico del momento. Il format era praticamente sempre lo stesso: una splash page iniziale affollatissima seguita da quattro o cinque pagine che ripercorrevano tutto il film, tutto fittamente fumettato con balloon rigidamente rettangolari e un lettering tipografico divenuto ben presto uno dei marchi distintivi della rivista. Gli autori dei disegni delle Mad Movie Satire(s) variavano di volta in volta – ma i miei preferiti sono sempre stati Mort Drucker e, appunto, Jack Davis.

Hoohah! - La prima volta di Davis a Mad
Hoohah! – Davis debutta su Mad

A Mad, Davis c’era già fin dal primissimo numero, quando ancora la rivista usciva in un formato comic book, era pubblicata a colori e conteneva praticamente solo storie a fumetti: con Gaines collaborava già dal 1950, illustrando fumetti di guerra, horror, noir e di fantascienza, e il passaggio di Mad al bianco e nero, l’aumento dei redazionali (pur sempre riccamente illustrati) e le variazioni alla periodicità non sono mai diventati un limite alla sua strepitosa versatilità artistica. Che, negli anni Sessanta, si estende dal fumetto alla pubblicità e anche al manifesto cinematografico. La prima occasione è Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo di Stanley Kramer, forse il primo esempio di kolossal comico all’americana, affollato di azione delirante e di star celeberrime come una pagina della rivista di Gaines (e nel cui titolo originale la parola mad ricorre ben quattro volte).

Questo pazzo, pazzo, pazzo, pazzo mondo - poster di Jack Davis

Negli anni seguenti, il tratto inconfondibile di Jack Davis viene chiamato a illustrare i poster di diversi film, in genere con l’obiettivo esplicito di evidenziarne la natura pop. Per una piccola rassegna, siete invitati a visitare la galleria dedicata all’argomento nel sito ufficiale dell’autore, www.jackdavisfoundation.org. Quello disegnato per Il lungo addio, però, ha evidentemente una marcia in più: non è un poster ma una vera e propria splash page, simile, fino al lettering e al formato dei balloon (addirittura incastrati uno nell’altro in dialoghi a botta e risposta) a quelle delle parodie di Mad.

The Long Goodbye - il poster originale
The Long Goodbye – poster originale

Una scelta abbastanza estrema nata, a quanto ho scoperto con una veloce indagine, in un momento di disperazione della United Artists in seguito all’accoglienza assai tiepida che critica e pubblico avevano riservato al film di Altman dopo una prima, limitata, fase di distribuzione. Dopo aver valutato l’idea di ritirare il film dalla circolazione, e addirittura di rimontarlo, la UA decise invece di valutare più analiticamente i motivi dell’insuccesso giungendo alla conclusione che l’errore stesse nell’aver cercato di venderlo come un noir tradizionale, trascurando completamente il lavoro di decostruzione che Altman, pur affiancato da una sceneggiatrice di estrazione classica come Leigh Brackett (che, va ricordato, aveva già sceneggiato Chandler ne Il grande sonno di Hawks, uno dei noir quintessenziali degli anni Quaranta) aveva fatto sul genere.

La nuova campagna di lancio del film punta perciò sull’anticonformismo spinto del film, vendendolo come una parodia. Il dialogo potrebbe uscire tranquillamente da una pagina di Mad. Ecco la nostra star, Elliott Gould! esclama Altman: Elliott interpreta Philip Marlowe, un detective privato duro e cinico che cerca di risolvere un mistero incredibile! Elliott Gould appare dubbioso: Con tanti attori disponibili, perché hai scelto me? E Altman ribatte: QUESTO è il mistero! Così, chi all’epoca avesse pensato di recarsi al cinema a vedere un Marlowe assimilabile a quello reso immortale da Humphrey Bogart poteva ritenersi avvertito che era meglio non aspettarsi lo stesso tipo di eroe tutto d’un pezzo. La strategia, sostenuta da un investimento pubblicitario di 40.000 dollari, funzionò egregiamente, rilanciando Il lungo addio al punto da farlo comparire nella lista dei 10 migliori film dell’anno secondo il New York Times. Del cambio di rotta si prese il merito Altman, facendo andare su tutte le furie David Picker, l’allora capo della United Artists, che era stato fra i principali sostenitori della coppia Gould-Altman: Trovo che nei confronti della United Artists e soprattutto nei miei Altman si sia comportato in modo incomprensibile. Si prese il merito di qualcosa che avevamo fatto noi. Parlo di tutto il modo in cui il film fu distribuito. A me il film piaceva molto e trovavo che i nostri responsabili del marketing avessero sbagliato completamente la distribuzione. Fui io a ritirarlo e a ordinare una campagna di marketing tutta nuova, e Altman se n’è preso il merito. Non ha avuto il garbo di riconoscercelo, e io l’ho mandato affanculo.

E Jack Davis? Ha continuato  disegnare imperterrito per altri quattro decenni e oltre, fino alla bella età di 90 anni: il suo addio alla penna è stato breve e recentissimo, nel dicembre 2014. Non sono (più) soddisfatto del mio lavoro. Sono ancora in grado di disegnare, ha dichiarato l’artista a Wired in un’intervista telefonica dalla sua casa in campagna, è solo che non riesco più a farlo come una volta. Con una carriera durata 65 anni ci si può anche stare.

 

EXTRA:

Un articolo di Adam Curry sulla storia dei poster di Il lungo addio (in inglese)

Arbor Day – da Mad Magazine #227 Jack Davis alle prese con lo slasher film anni Ottanta

The Long Goodbye - Poster di Jack Davis
Versione tagliuzzata del poster che inizialmente avevo messo in apertura di questo post