Any Day Now – really!

Any Day Now - posterIl 10 ottobre 2014, su Rai Movie andava in onda, in prima TV assoluta, un piccolo film americano che risaliva già a un paio di anni prima. Si intitolava “Any Day Now” e raccontava una storia tristissima: quella di una coppia di omosessuali che nel 1979 tentava di adottare un ragazzo down, abbandonato al suo destino dai genitori biologici, ma si scontrava coi pregiudizi e l’ipocrisia di una nazione che, a oltre un decennio dagli anni della contestazione, ancora non era disposta ad accettare l’amore fra due persone dello stesso sesso.

Di quel film, in redazione, ci eravamo subito innamorati pur essendo partiti al massimo del prevenuto. Capirai, pensavamo, un film ricattatorio e propagandistico che ti fa sentire in colpa se lo guardi con sufficienza perché rifiutarlo diventa un pochino (oh, solo un pochino, ma che può essere più che abbastanza) come se non ne volessi condividere i principi. Poi, però, vedendolo, io prima e il mio collega poi ci siamo rapidamente ricreduti e abbiamo fatto tutto il (poco) che era in nostro potere perché “Any Day Now” riuscisse a navigare indenne attraverso i mille e mille ostacoli che sempre si frappongono fra il momento in cui indichiamo un titolo fra i desiderata del canale  e quello in cui esso diventa effettivamente disponibile per i nostri palinsesti.

Any Day Now - Garrett Dillahunt e Alan Cummings

Secondo gli standard abituali, “Any Day Now” (il cui titolo significa “un giorno o l’altro” e va inteso come speranza che qualcosa cambi) non è un capolavoro: non cerca e non trova soluzioni linguistiche innovative, non parla per metafore ma va dritto al punto drammatico della storia che racconta – un copione ispirato a una storia vera ma che, significativamente, era rimasto per 30 anni nel cassetto del suo autore. Però lo fa in modo sensibile, non dimostrativo e soprattutto senza mai perdere di vista il tema centrale. Che non è il diritto a volersi bene (e a voler bene) di una coppia omosessuale in quanto tale, ma il diritto a volersi bene (e a voler bene) punto e basta.

#LoveWins Ambientato negli ultimi mesi degli anni Settanta, “Any Day Now” ci ha messo tre decenni a diventare un film e due anni ancora per arrivare in Italia. Però, in un giorno in cui la Casa Bianca colora il suo profilo Facebook con l’arcobaleno della tolleranza, con Barack Obama che dal suo account Twitter @POTUS lancia l’hashtag #lovewins, sono particolarmente contento di aver avuto un piccolo ruolo nel portare un film del genere in Italia. Almeno negli Stati Uniti, dopo la decisione di stamane della Corte Suprema, non si deve più dire “un giorno o l’altro”. Si può dire “oggi”.

EXTRA:

Sul blog di Rai Movie, il post con cui lanciavamo “Any Day Now” al suo primo passaggio TV

La mia scheda su “Any Day Now” su Letterboxd (in inglese): lo avevo visto il 2 luglio del 2013, tanto per dire i tempi che ci vogliono fra quando scegli un film e quando riesci a trasmetterlo.

Il post sulla mia bacheca Facebook e su quella di Rai Movie 

Any Day Now – really!ultima modifica: 2015-06-26T23:46:57+02:00da albertofarina
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